Si può dire senza tema di sbagliare che l’ultimo lavoro del maestro sia anche il più cupo, il più viscerale – in ogni senso possibile – il più gotico e il più tormentato. Si sfiorano picchi che neanche nella pur violenta Principessa Mononoke si erano visti e che il fondatore dello Studio Ghibli aveva forse squadernato davanti ai nostri occhi con tanta nettezza solo nel manga della sua Nausicaä della Valle del vento.
Tutto è soffuso e velato di una malinconia quasi mortifera: persino i colori brillanti del cielo e dei prati sterminati; persino le musiche scarne e puntute di Joe Hisaishi, qui decisamente minimalista; persino le immagini più ricorrenti che si susseguono sullo schermo.
The Super Mario Bros. Movie è sia un film sia un videogioco. Dal film riprende la struttura del viaggio dell’eroe: sceneggiatura suddivisa in tre atti per offrire al pubblico di famiglie e appassionati – target annunciato di questa operazione – un action movie in grado di tenere i loro occhi incollati allo schermo. Del videogioco originario ha i colori, i mondi fiabeschi e soprattutto la capacità di trasmettere allo spettatore la sensazione di frustrazione e soddisfazione che si prova, quando si imparano le mosse giuste per superare ogni livello.
Perché Sidney Poitier era un grande attore e non solo un grande uomo. Nell’estate del 2020 avevo preparato un articolo su La calda notte dell’ispettore Tibbs, film che mi sembrava molto attuale, visto ciò che stava accadendo negli USA in seguito alla morte di George Floyd. Solo adesso finalmente sono riuscita a recuperare quell’articolo dai miei archivi e mi sembra giusto pubblicarlo per celebrare la vita artistica di un uomo onesto, che non è stato solo un bravo attore ma suo malgrado è diventato anche un simbolo importante di lotta e di riscatto.
Anche le nuvole si inchinano di fronte alle ragioni del cuore Makoto Shinkai è ossessionato dalle distanze. Che siano distanze fisiche e poi emotive, che siano distanze temporali, sociali, fra…
Ci sono film che restano con te per tutta la vita.
Ci sono film che restano con te persino se non li hai mai visti, entrando nella cultura popolare con battute iconiche, scene emblematiche, modi di dire e di fare che finisci per assorbire pure tu – ignaro spettatore bastian contrario, che all’epoca dei fatti ti sei fieramente rifiutato di lasciarti trascinare a fondo (è proprio il caso di dirlo) nel vortice di isteria di massa che ha circondato suddetti film.
Ed è questo il mio caso con Titanic.
Credo che il primo scopo di un film sia quello di intrattenere – per lo meno di questo tipo di film. Ecco, X-Men – Apocalisse ha centrato in pieno l’obiettivo: è un film dalla trama lineare, classica, con un antagonista molto potente e assetato di ulteriore potere, un parterre di protagonisti già sviluppati nei due capitoli precedenti e portati alle estreme conseguenze, nuove reclute che scalpitano per presentarsi e impossessarsi del proscenio nei capitoli successivi.
L’ho detto per “Inside Out” e lo ripeto anche qui senza tema di sbagliarmi: ci sono determinati film che sono fatti per toccarti l’anima; film che non importa se tu li abbia amati o odiati visceralmente, ti hanno provocato un’emozione fortissima guardandoli, perché restare indifferenti non si poteva; film che sono capolavori per l’efficacia e la profondità con cui esplorano i sentimenti più forti che gli esseri umani possano provare, catartici per il dolore che ti costringono a provare, come le antiche tragedie greche.
Attendevo non dico con ansia ma di certo con molta curiosità questo secondo capitolo, essendomi parecchio divertita a guardare il primo film. Se “Inside Out” era un film rivolto più agli adulti che ai bambini, “Hotel Transylvania 2” è il classico film d’animazione per famiglie che ha l’unica pretesa di tenerti compagnia per una serata in modo leggero e senza troppi impegni.
Anche perché, al netto delle differenze, mi pare che “Hulk” abbia saputo rispettare quello che è il principio cardine del personaggio: il conflitto fra Bruce Banner e l’incontrollabile rabbia che cova dentro di sé, frutto di un rapporto malato con un padre tutt’altro che affettuoso. E Ang Lee lo fa come se gestisse un film d’autore e non un film d’azione, ingranando la quarta sull’introspezione.
Eh beh, che v’aspettavate, che vi dicessi che era brutto? Nausicaä è meraviglioso, ha quell’aura anni Ottanta che anche noi, nati alla fine di quel decennio, ci sentiamo prendere dal groppo brutto di nostalgia di epoche mai davvero vissute. È così bello che mi arrabbio doppiamente perché solo tre giorni al cinema è una bestemmia. A undici euro poi. Sì, bla bla bla, le leggi del mercato, bla bla bla, ringrazia che almeno è passato al cinema, bla bla bla, le sale cinematografiche in Italia funzionano così, bla bla bla, insomma, l’ennesima riprova che il mondo fa schifo.