Devo dire che la scena col furgone mi ha fatto effettivamente ridere ma soprattutto che Tom Hardy non mi ha deluso per niente, anzi. Non esagero se dico che è stato la colonna portante di un film che si inserisce in quella che sembra essere una lunga agiografia di questi due gemelli “leggendari” nella storia inglese degli ultimi sessant’anni. Non è il primo film in merito alla vita travagliata dei gemelli Kray, è l’adattamento di una biografia curata da John Pearson quando Reginald e Ronald Kray erano ancora in attesa di vedersi comminare la pena definitiva, è una produzione inglese e questo forse spiega anche la sottile aura di mito che, nonostante tutto, circonda le vicende di questi due pericolosi gangster.
Ho comprato questo libro attirata dalla fascetta in copertina, che recitava: “Il libro dell’autore che ha ispirato Grand Budapest Hotel”. Avendo molto apprezzato il film, ho comprato il libro a colpo sicuro ma, già dopo aver sfogliato le prime pagine, mi sono resa conto che l’ispirazione non è nata tanto e solo dai fatti narrati da Zweig quanto dallo spirito di cui è informata tutta l’opera.
Devo fare subito un po’ di appunti “tecnici” e “stilistici” al libro: è una biografia scritta nello stile più piatto e cronachistico che abbia mai letto. Confesso che le uniche biografie che ho letto in vita mia sono quelle di personaggi storici famosi (tipo quella su “Carlo V” di Gerosa, che mi ha segnato i sedici anni in bene) quindi suppongo che invece ci sia bisogno di usare le pinze, quando si parla di gente ancora viva o con parenti viventi che hanno diritti di copyright pure sulle sillabe del tuo nome. Mi è sembrato di leggere un tema scolastico, con qualche erroraccio di consecutio temporum che non so se imputare alla traduzione o proprio all’autore originale del libro.