Quello che ci si troverà davanti è un mix fra Alice nel Paese delle Meraviglie, il folklore giapponese e quei film Disney con animali umanoidi come protagonisti (tipo Robin Hood), ma senza buonismo disneyano e con un realismo che ben s’intreccia all’atmosfera pulita e lineare che hanno molti dei film dello Studio Ghibli, quel genere che ti rimette in pace con il mondo per l’ora e mezza di visione.
Chi ha letto la mia recensione precedente, sa che “Welcome to Night Vale” è una serie in podcast che va avanti dal 2012 con cadenza bisettimanale e racconta – sotto forma di bizzarra trasmissione radio – le vicende di quella che potrebbe essere una qualunque cittadina americana, non foss’altro che a Night Vale accadono le cose più bizzarre e, quel che è ancora più interessante, tutti i suoi abitanti sembrano considerarle perfettamente normali (sì, anche la presenza di minacciose Nuvole Risplendenti, una Polizia Segreta dai metodi piuttosto sbrigativi, inquietanti Vecchie Senza Volto che ti riorganizzano l’armadio mentre tu volti loro le spalle e via discorrendo).
Prosegue il viaggio della sottoscritta nello sterminato mondo della vita artistica di David Bowie e prosegue con un film che mi aspettavo essere del genere “space opera” è che invece è fantascienza classica at its finest, cupa, disperante, quel genere di fantascienza che sfrutta la dimensione spaziale e aliena per indagare fino in fondo l’abbrutimento del genere umano.
Fosse tutto qui il nocciolo del libro, “Moby Dick” sarebbe niente più e niente meno che una storia d’avventura e di mare, dell’infinita lotta fra l’Uomo e la Natura, il Bene e il Male (come da dichiarazione dello stesso Melville), un bel mattone di più di cinquecento pagine dal setting “esotico”.
Il problema – anzi, il lato bello – è che c’è molto di più.
È davvero difficile discorrere sul nulla. Peggio ancora, è persino più difficile recensire il nulla, perché è questo quello che mi appresto a tentare oggi, un’impresa sfiancante conseguenza della mia pessima idea di approfittare del palinsesto Mediaset per vedere il famigerato “Cinquanta sfumature di grigio”, che al cinema avevo evitato come la peste perché curiosa del trash, sì; in vena di regalare i miei soldi al franchise, no.
La dura vita del prigioniero di guerra La settimana scorsa – e questo è di dominio pubblico, ormai – è morto David Bowie. Artista geniale e a dir poco eclettico,…
Ultimamente vedo solo film che mi deludono (non è vero, l’altro giorno ho visto “Furyo” e mi è piaciuto da morire ma ve ne parlerò in un’altra recensione). In questo caso andavo al cinema in un misto di aspettativa per la presenza di un certo personaggio e la consapevolezza che sarei rimasta delusa di nuovo, visto l’andazzo che aveva ormai preso la terza stagione di “Sherlock” (e nonostante quel brillante terzo episodio che si faceva quasi perdonare quello che precedeva).
Perché questo cappello? Perché se “Star Wars VII: Il risveglio della Forza” fosse stato un film totalmente nuovo, una saga di fantascienza lanciata nel 2015 dal titolo di “Residents Quarrels: Il risveglio dell’Amministratore” mi sarei limitata a dire che era un film bruttino, senza infamia e senza lode. Avrei detto che non brillava per originalità, che aveva qualche spunto interessante, e che avremmo aspettato il seguito per vedere se con un’altra tranche da 200 milioni di dollari la Disney riusciva a ingaggiare uno sceneggiatore decente, un regista coraggioso e una gabbia in cui rinchiudere i produttori, troppo loquaci quando si tratta di piazzare pubblicità occulta per il marketing di pupazzi pre- e post-visione del film evento.
Quella voglia matta di saltare nello schermo e abbracciare Charlie Brown Io sono sempre stata una grandissima fan dei “Peanuts”. Hanno fatto parte della mia infanzia fianco a fianco con…
“Spectre” è una rivisitazione fighetta e pretenziosa dei primissimi capitoli del franchise di James Bond. Se mi avessero detto che era il remake di “Dottor No” o simili, avrei risposto: «Davvero carino, un esperimento convincente, mi sono molto divertita. La scena sul treno era ironica, vero?!». Invece sono stata catapultata in un brutto film con Roger Moore che pretendeva di concludere la saga che ha ospitato un capolavoro (almeno per il genere spionistico e per il modo in cui ha ribaltato certe premesse dei vecchi James Bond) ricadendo in una mediocrità così pesante che mi è sceso il latte alle ginocchia.