Shuna, che nell’aspetto ricorda il giovane Ashitaka di Principessa Mononoke, come quest’ultimo cavalca uno stambecco, che nel racconto viene chiamato “yakkul”. Il suo viaggio verso ovest è costellato di difficoltà. Non solo incontri terrificanti con demoni del deserto, ma anche le avversità degli elementi naturali, la scarsezza di cibo e acqua e poi, naturalmente, i mercanti: di provviste e di schiavi, ma tutti intenti a rapinare e depredare. Il mondo in cui Shuna si muove è un mondo decadente e arrugginito, dove al rosso ferroso del deserto inaridito si contrappone l’azzurro vivido e accecante di un cielo sempre impietosamente sereno.
Si può dire senza tema di sbagliare che l’ultimo lavoro del maestro sia anche il più cupo, il più viscerale – in ogni senso possibile – il più gotico e il più tormentato. Si sfiorano picchi che neanche nella pur violenta Principessa Mononoke si erano visti e che il fondatore dello Studio Ghibli aveva forse squadernato davanti ai nostri occhi con tanta nettezza solo nel manga della sua Nausicaä della Valle del vento.
Tutto è soffuso e velato di una malinconia quasi mortifera: persino i colori brillanti del cielo e dei prati sterminati; persino le musiche scarne e puntute di Joe Hisaishi, qui decisamente minimalista; persino le immagini più ricorrenti che si susseguono sullo schermo.
The Super Mario Bros. Movie è sia un film sia un videogioco. Dal film riprende la struttura del viaggio dell’eroe: sceneggiatura suddivisa in tre atti per offrire al pubblico di famiglie e appassionati – target annunciato di questa operazione – un action movie in grado di tenere i loro occhi incollati allo schermo. Del videogioco originario ha i colori, i mondi fiabeschi e soprattutto la capacità di trasmettere allo spettatore la sensazione di frustrazione e soddisfazione che si prova, quando si imparano le mosse giuste per superare ogni livello.
E la matericità dei personaggi, delle ambientazioni, dei movimenti è il cardine dell’animazione in stop motion di questo Pinocchio. Che è curatissimo, fino all’ultimo dettaglio, e profondamente artigianale. Le espressioni facciali dei singoli pupazzi sono gestite da congegni meccanici, regolabili tramite fori in cui inserire i cacciavite. I pupazzi stessi sono pesanti, spigolosi, pieni di asperità e di imperfezioni. Perché, esattamente come poi imparerà lo stesso Geppetto al termine del suo cammino, l’imperfezione è necessaria a infondere anima e personalità alle cose.
Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme… ─ La rappresentazione LGBTQ+ nel fumetto e nel cinema di animazione giapponese è il primo saggio di Camil Valerio Ristè. Come anticipato dal sottotitolo, il suo oggetto è l’analisi del modo in cui il mondo LGBTQ+ viene rappresentato nei media giapponesi – nello specifico nei manga e negli anime. Un’analisi che non si limita a sviscerare le peculiarità dei titoli più emblematici che hanno come protagonisti personaggi queer ma che risale a monte, raccontando anche la storia delle persone queer nella società giapponese – siano esse uomini gay, donne lesbiche, persone transgender e molte altre sfumature dell’esperienza LGBTQ+ – e le discrepanze rispetto alla cultura euro-statunitense per quanto riguarda la percezione e la terminologia a cui si ricorre per definire l’essere queer.
Immaginate di lavorare per cinque (5) anni alla creazione di cento (100) episodi di uno show animato, di svegliarvi una mattina e scoprire tramite social e siti web del settore che il vostro datore di lavoro ha deciso di cancellare suddetto show senza nemmeno mandarlo in onda, che non riceverete tutti i pagamenti previsti e che anni di sudore e rinunce e talento verranno buttati nella spazzatura, perché un nuovo CEO ha piani grandiosi e rispettare il tuo lavoro non rientra fra questi.
È quello che è accaduto a Julia Pott, creatrice di Summer Camp Island. E non solo a lei.
Ebbene sì, perché il 19 agosto Warner Bros. Discovery (WBD) ha sganciato senza preavviso (o quasi, ma ci torneremo) una bomba non da poco: 37 titoli ─ di cui 25 show animati originali creati per la piattaforma ─ sarebbero stati rimossi dal servizio di streaming di HBO Max. Destino? Sconosciuto.
Il problema è che Iron Widow non è nemmeno una classica storia di formazione. Tutto accade troppo velocemente, spesso sono gli eventi a trascinare i personaggi e spingerli ad agire, i dilemmi finali vengono risolti da un deus ex machina infilato dentro la trama in modo così brusco da lasciare chi legge disorientato. Non c’è tempo di affezionarsi ai personaggi, di catturarne gli aspetti meno scontati, di vederli muoversi in contesti quotidiani. E, peggio ancora, su ogni ambientazione e relazione si stende una patina grigia che rende Wu Zetian, Gao Yizhi e Li Shimin dei cartonati scialbi, con cui è difficile identificarsi o anche solo empatizzare.
Perché Sidney Poitier era un grande attore e non solo un grande uomo. Nell’estate del 2020 avevo preparato un articolo su La calda notte dell’ispettore Tibbs, film che mi sembrava molto attuale, visto ciò che stava accadendo negli USA in seguito alla morte di George Floyd. Solo adesso finalmente sono riuscita a recuperare quell’articolo dai miei archivi e mi sembra giusto pubblicarlo per celebrare la vita artistica di un uomo onesto, che non è stato solo un bravo attore ma suo malgrado è diventato anche un simbolo importante di lotta e di riscatto.
Non siete sulla Terra al tempo dell’ultima glaciazione ma su Ganimede, la più grande luna di Giove, unico satellite del sistema solare dotato di un suo campo magnetico. L’anno è il 3230 d.C. e in questo futuro, in questa linea temporale, gli esseri umani hanno scoperto come terraformare pianeti e satelliti. Adesso insieme alla Terra, anche Venere, Marte e Ganimede sono abitati.
Ganimede è la colonia più lontana, più piccola e più fredda: una palla di neve dove il gelo uccide con estrema facilità e dove i 300.000 esseri umani che la popolano vivono stretti in un’unica città, Heosphoros. A Heosphoros politica ed economia coincidono, perché la legge la detta la Hecates Inc., che gestisce la sua centrale nucleare, unica fonte di energia, calore e vita per i ganimediani.
#meetthecharacter Parte 5 (di 5) – SAHASRA GANGULI
Il conto alla rovescia è ormai agli sgoccioli e finalmente presentiamo l’ultima (ma non in ordine di importanza) protagonista di “Ganymedian Meltdown”: Sahasra Ganguli. Un metro e sessantacinque di rabbia e voglia di riscatto, Sahasra è uno degli esponenti giovani di spicco del movimento degli Insorti del ’10. Detesta le mezze misure e, se fosse per lei, l’assalto ai vertici della Hecates Inc., che soffocano Heosphoros, sarebbe già avvenuto da tempo.