Ci sono film che restano con te per tutta la vita.
Ci sono film che restano con te persino se non li hai mai visti, entrando nella cultura popolare con battute iconiche, scene emblematiche, modi di dire e di fare che finisci per assorbire pure tu – ignaro spettatore bastian contrario, che all’epoca dei fatti ti sei fieramente rifiutato di lasciarti trascinare a fondo (è proprio il caso di dirlo) nel vortice di isteria di massa che ha circondato suddetti film.
Ed è questo il mio caso con Titanic.
Li avete visti i trailer su YouTube, no? Io ho capito che avrei visto Suicide Squad quando la Warner ha diffuso a tradimento un trailer con Bohemian Rhapsody in sottofondo. E come fai a non andare a vedere un film che ha una canzone del genere nella colonna sonora?!
Poi ho scoperto che c’era Viola Davis a fare la donna “tosta-e-bastarda” di turno, che c’era Margot Robbie che faceva Harley Quinn, che c’era Will Smith a fare Deadshot, Jared Leto che interpretava il Joker più pappone di sempre (e che agonia tutti i Ledger!fag che hanno rivoltato il web in questi mesi) e, insomma, ero già lì a urlare al capolavoro.
Limitless è quel film brutto con delle premesse interessanti che finisci comunque per guardare, perché è thriller fantascientifico e perché c’è Robert De Niro che fa il tycoon della Finanza e pensi che – magari – è brutto perché il finale non è granché ma nel mezzo troverai tante cose interessanti. Che è brutto perché magari è uno di quei film un po’ effimeri, che lasciano il tempo che trovano e sanno di insoddisfazione.
Insomma, “Zoolander 2” sta subito sul pezzo e a questo giro si concentra sule ossessioni di questi ultimissimi anni: da Justin Bieber, che deve assolutamente farsi un selfie prima di tirare le cuoia e la morte può attendere, mentre sceglie il filtro più giusto per postare la sua faccia su Instagram; a Derek stesso, che si ficca in un incidente stradale con il figlio per farsi una foto col bastoncino dei selfie; da Don Atari che parla contraddicendosi da solo a un mondo della moda sempre più esasperato nel tentativo di stupire un pubblico ormai assuefatto a qualsiasi bizzarria.
Abbiamo visto questo film in quattro e, nell’ordine, a una mia amica ha cominciato a sanguinare il naso all’improvviso, l’altra si è assentata per mangiare la pizza, è tornata e ha continuato a guardare lo special senza praticamente perdere il filo, mia sorella ha cominciato ad aggiornare freneticamente qualsiasi social pur di non fissare troppo a lungo lo schermo, io mi contorcevo in preda al dolore sulla sedia reclinabile del soggiorno.
È davvero difficile discorrere sul nulla. Peggio ancora, è persino più difficile recensire il nulla, perché è questo quello che mi appresto a tentare oggi, un’impresa sfiancante conseguenza della mia pessima idea di approfittare del palinsesto Mediaset per vedere il famigerato “Cinquanta sfumature di grigio”, che al cinema avevo evitato come la peste perché curiosa del trash, sì; in vena di regalare i miei soldi al franchise, no.