Autore: pallas23arachne

Tessitrice di mondi in bilico | Fabbricante di problemi esistenziali | Scrivo, perché non so fare le rivoluzioni | +30 | ∠( ᐛ 」∠)_

Pubblicato anche in italiano (“Il Drago e la Saetta”), sempre per i tipi della Tunué, in un formato più ridotto, nella sua versione inglese – curata in collaborazione con la Japan Foundation, che si occupa di agevolare la diffusione all’estero di saggi e studi sulla cultura giapponese – The Dragon and the Dazzle si presenta come un lavoro ragionato e molto curato, seppur con limiti segnalati dall’autore stesso, su come la cultura pop giapponese si sia sviluppata a partire dal secondo dopoguerra e su come abbia attraversato diverse fasi, prima di essere completamente accettata nel mondo occidentale.

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Qualcosa scricchiola nella terza stagione di Fargo e ho avuto difficoltà a capire cosa, esattamente, anche dato il mio parzialissimo punto di vista da grandissima amante di tutto ciò che riguarda Fargo.

Cerchiamo di capirci: la terza stagione di Fargo resta un buon prodotto, sicuramente sopra la media rispetto a tante altre serie concorrenti, ma – per citare Boris – forse è il caso di fermarsi qui. Noah Hawley adssso ha per le mani anche la gestione di Legion e lui stesso ha detto che non sa se potrà lavorare al materiale ancora disponibile su Fargo, preferendo piuttosto una pausa.

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Wonder Woman è un film di supereroi che ha un merito, rispetto a quello che il convento ha passato ultimamente: è una origin story lineare e abbastanza coerente con le sue premesse (ma sono costretta a sottolineare il “abbastanza”), un film con una buona regia, che scorre in maniera piacevole e fresca, non è farraginoso ma nemmeno eccessivamente concitato. È anche un film che non apre troppi fronti e non vagheggia troppo sui massimi sistemi senza possedere la struttura adeguata per filosofeggiare sui temi che tira in ballo.

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Se sei (come me) un fan di Twin Peaks dell’ultima ora non puoi capire. Non puoi capire cosa significa dover aspettare la bellezza di ventisei anni per scoprire che fine ha fatto Dale Cooper o se Audrey Horne è sopravvissuta all’esplosione nella banca… ma, soprattutto, per goderti il ritorno di David Lynch con pieni poteri sulla sua creatura – via la ABC, via i produttori ficcanaso e incompetenti, via anche il dovere di ammiccare al pubblico a tutti i costi. Sei il regista di una serie che, volenti o nolenti, ha cambiato il modo stesso di concepire e raccontare le serie TV – dimostrando che anche un prodotto per lo schermo televisivo può essere di buona qualità e andare in profondità nel raccontare il meglio e il peggio dell’animo umano.

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L’operazione più difficile da compiere, quando guardi un film e lo devi recensire, è scindere il giudizio personale dello spettatore da quello possibilmente più tecnico e obiettivo del recensore.

È una difficoltà che si è ripresentata tutta dopo aver visto Guardiani della Galassia 2, che ho amato persino più del film precedente, ma che presenta esattamente tutte le pecche che stanno rendendo ogni film del franchise Disney – e in special modo del franchise Disney-Marvel – un prodotto fallato in più punti, per difetti che spesso si ripetono invariati, fotocopie l’uno dell’altro perché “fotocopiati” suonano anche tutti questi film messi in fila.

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Trainspotting e T2 parlano di una generazione ben precisa e del suo fallimento, che non potrebbe essere più evidente nel sequel del 2017: non solo nelle persone di Renton, Sick Boy, Spud e Begbie, ma anche nel confronto impietoso con i loro figli – quelli veri e quelli spirituali – i ventenni che li rifiutano e si prendono gioco di loro. I ventenni che usano altri tipi di droghe e si sentono rifiutati in altri modi dal sistema… ma qui ci ritorniamo.

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«Scusate ma ho bisogno di un momento per elaborare… io ci sono cresciuto con Wolverine, mi capite?» dice un giovane uomo seduto nella fila davanti alla mia alla fine del film e io lo capisco. Perfettamente.

Perché anche io ci sono cresciuta con Wolverine, sia con quello fumettistico sia con quello cinematografico, e perché il colpo al cuore, a fine film, è doppio – ma che dico, triplo, anzi no, multiplo – e l’elaborazione del “lutto” è così complessa che non riesco nemmeno a piangere.

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Questa recensione – per motivi di spazio e di capacità personali – sarà comunque stringata e non potrà contenere tutte le riflessioni che pure questa raccolta immensa si sarebbe meritata, pagina per pagina. Non sono un’arabista e non sto scrivendo una monografia su questo compendio narrativo immenso ma “Le Mille e Una Notte” è un classico che andrebbe studiato al pari de “La Divina Commedia”, per il suo valore letterario e per il portato storico e culturale che si porta dietro.

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