Samurai, ragazze magiche, host club: realtà e fantasia si intrecciano
La quasi totale mancanza di fonti in lingua italiana sul tema dell’identità di genere e della sessualità rappresentata nei media giapponesi, ha reso necessaria una prima indagine sull’argomento, nella speranza possa essere di qualche utilità a sostegno di ricerche future. […] Questo elaborato non vanta alcuna pretesa di esaustività né di compilazione di tutte le sfaccettature di cui si arricchisce l’universo LGBTQ+ giapponese, ma può essere un utile compendio, in particolare per quel che riguarda la produzione di manga e anime di genere, per chi fosse anche solo interessato all’argomento. (Ristè C., Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme…, Società Editrice La Torre, Caserta, 2022, pp. 107-108)
Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme… ─ La rappresentazione LGBTQ+ nel fumetto e nel cinema di animazione giapponese è il primo saggio di Camil Ristè, edito dalla Società Editrice La Torre. Come anticipato dal sottotitolo, il suo oggetto è l’analisi del modo in cui il mondo LGBTQ+ viene rappresentato nei media giapponesi – nello specifico nei manga e negli anime. Un’analisi che non si limita a sviscerare le peculiarità dei titoli più emblematici che hanno come protagonisti personaggi queer ma che risale a monte, raccontando anche la storia delle persone queer nella società giapponese – siano esse uomini gay, donne lesbiche, persone transgender e molte altre sfumature dell’esperienza LGBTQ+ – e le discrepanze rispetto alla cultura euro-statunitense per quanto riguarda la percezione e la terminologia a cui si ricorre per definire l’essere queer.
Partirei proprio da qui per sottolineare l’importanza di questo saggio. Ristè non dà per scontate le conoscenze del pubblico a cui si rivolge e confeziona uno studio comprensibile anche per chi conosce poco o nulla del fumetto giapponese e delle tematiche trattate. Una comprensibilità che nasce non solo da un lessico semplice e da uno stile scorrevole, che non sacrifica però il rigore accademico, ma anche dalle note abbondanti, che come un piccolo glossario spiegano i significati dei termini più specifici: sia quelli attinenti al mondo LGBTQ+ sia quelli che riguardano l’industria giapponese dei manga, degli anime e delle riviste queer.
Il saggio stesso, come indicato dalla citazione in apertura, si propone come un compendio, una sorta di mappa con annessa legenda che accompagna il lettore alla scoperta di un panorama molto variegato e molto complesso. E lo fa offrendo chiavi di lettura, approfondimenti e anche delucidazioni sul giusto lessico da usare, per evitare scivoloni linguistici che nella migliore delle ipotesi possono risultare inesatti e nella peggiore pesantemente offensivi.
Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme… è diviso in tre capitoli: il primo dedicato al genere BL (Boys’ Love o Boy’s Love) e alla sfera dell’omoaffettività maschile; il secondo al genere GL (Girls’ Love o Girl’s Love) e alla sfera dell’omoaffettività femminile; il terzo alle persone transgender, alla fluidità di genere, al non binarismo e alle opere che affrontano tematiche legate all’identità di genere. Ogni capitolo è a sua volta diviso in due ambiti distinti: in apertura Ristè approfondisce il contesto sociale, storico e culturale, il modo in cui essere queer sia stato più o meno accettato, più o meno respinto dalla società giapponese, in quale misura sia stato rielaborato e spesso anche “commercializzato” dall’editoria in tutte le sue forme. Nella seconda parte si concentra sull’analisi di determinate opere, che sono state caposaldi dei generi o esempi dell’evolversi della rappresentazione in senso sempre più inclusivo e sempre meno disinformato.
(Not) Lost in Translation
Chi si dilettava nello scrivere di ragazzi innamorati lo faceva principalmente per la libertà che la figura maschile concedeva, proprio per l’assenza di molti di quei paletti che costringevano i personaggi femminili in ruoli romantici molto simili fra loro. Il cosiddetto gender play (“giocare con il genere”) diventa un elemento narrativo ricorrente nelle loro storie, oltre all’estetica stessa dei protagonisti, molto spesso efebici ragazzi androgini o bellissime ragazze in abiti maschili, ispirate da forme di teatro quali il Takarazuka. (Ristè C., Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme…, Società Editrice La Torre, Caserta, 2022, p. 39)
Uno degli aspetti che più ho apprezzato di Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme… è stato la meticolosa ricerca dietro la sua elaborazione. Una ricerca che già traspare dalla ricca bibliografia in fine di volume, dai puntuali riferimenti bibliografici e che non si limita a una critica stilistica e contenutistica di singole opere, avulse dal contesto che le hanno create, anzi. L’approfondimento artistico va di pari passo con quello sociologico – tanto più necessario viste le inevitabili distanze e differenze di approccio della cultura giapponese a tematiche come l’amore fra due ragazzi in una società profondamente conservatrice; la scoperta di se stesse e del proprio desiderio da parte delle ragazze in un contesto che le vuole solo mogli e madri; ancora, come i concetti di genere e sesso biologico siano stati influenzati e distorti dall’imposizione di modelli comportamentali importati dalla cultura euro-statunitense.
Queste distanze risaltano prima di tutto nei termini usati in Giappone, diversi da quelli usati negli Stati Uniti nell’ambito dei gender studies – a loro volta differenti da quelli a cui ricorriamo in italiano. Ristè affronta molto bene questo problema, da laureato in Lingua e Cultura giapponese, e ci offre una disamina molto precisa della storia delle parole: di quelle autoctone e di quelle importate per riempire vuoti che non sono solo di senso ma anche culturali, perché determinate figure non esistono nel contesto giapponese o non esistono come le intendiamo noi occidentali.
Ho trovato Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme…, una lettura molto avvincente anche per me, che in parte già conoscevo le opere e le tematiche affrontate – ma spesso con superficialità e come frutto di letture disordinate fatte nel corso degli anni. Ristè offre una guida, già nelle pagine introduttive, ad alcuni dei testi di riferimento per gli studi accademici sulla rappresentazione queer nel fumetto e nell’animazione giapponese. Quasi tutti in lingua inglese perché, come accennato nella citazione d’apertura, manca ancora una letteratura consistente in italiano – che esattamente come il giapponese si ritrova a dover prendere a prestito dagli studi anglofoni termini e concetti.
Questo saggio è stato anche una lettura commovente e preziosa, perché nello spazio delle sue 128 pagine parla anche e soprattutto delle persone reali, che attraverso il racconto di storie più o meno fittizie, più o meno autobiografiche, cercano di descrivere cosa significhi essere queer e le proprie vicissitudini; di decostruire le proprie problematiche e di ricostruire la propria immagine, in un mondo che fatica ancora ad accettare una complessità che sfugge alle definizioni e mette in crisi gli standard. Così anche l’analisi della storia delle riviste queer diventa occasione per parlare di figure come la ricercatrice Mitsuhashi Junko e lo scrittore Torai Masae, entrambi attivisti impegnati nel riconoscimento dei diritti alle persone trans, che anche attraverso il racconto delle loro esperienze di vita cercano di sensibilizzare il pubblico generalista e combattere ignoranza e disinformazione.
Le sue labbra erano rosse, rosse come le fiamme… è uno scritto importante, più che mai in questo preciso momento storico, ed è anche un ottimo punto di partenza per chiunque, appassionato di questo tipo di narrazioni o meno, voglia approfondire l’argomento, spogliandosi di pregiudizi e preconcetti. È stato davvero complesso riassumere nello spazio ristretto di questa recensione la sua essenza, proprio perché i temi sono molteplici e tutti affrontati in modo chiaro e approfondito. Quindi non mi resta che augurare buona lettura a chiunque deciderà di acquistare questo saggio. Consigliatissimo.
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