«Le donne ti odieranno perché ti comporti con quella sicurezza tirannica che vorrebbero avere anche loro; gli uomini ti odieranno perché confondi le loro menti e attiri i loro pensieri verso posti nei quali sanno che non dovrebbero andare. Ma il loro odio li brucerà talmente tanto che non saranno in grado di smettere di guardarti o di parlare di te».
(Iron Widow, p. 280)
“Women want me. Fish fear me” recita un meme cucito su un cappello, che gira ormai da tempo sul web. Il libro di cui sto per parlarvi oggi – entrato persino nella classifica dei Best Seller del New York Times – ha un sapore memico assolutamente involontario, perché non rientrava nei piani dell’autorə aggiungere uno strato di comicità demenziale al suo racconto.
Eppure Iron Widow risulta essere un lavoro derivativo con pochi guizzi originali, un nucleo di massime da girl power tossico anni Novanta (“gli stronzi patentati del mondo sono sostenuti da ragazze che perdonano troppo facilmente”), colpi di scena telefonati e deus ex machina tanto provvidenziali, quanto tirati nella trama per i capelli. Ci prova, eccome se ci prova, a essere un manifesto di rabbia femminista. Ci prova genuinamente. Le falle sono però così numerose, che riesce difficile riconoscere all’autorə questo sforzo genuino, vista la spocchia insopportabile di cui è intrisa ogni pagina di un libro che vuole educare chi legge ma anche intrattenere.
Fallisce su entrambi i fronti.
Come sempre: SPOILER ALERT. Cercherò di mantenermi sul vago, dove posso, ma in questa recensione troverete più di un accenno alle vicende che accadono nel libro. Soprattutto ai colpi di scena del finale più affrettato di sempre.
Andiamo a incominciare.
Darling in the Franxx incontra Pacific Rim che incontra il Racconto dell’Ancella che al mercato mio padre comprò
«Sopportare e sopportare, e per cosa? Finché li continuiamo a placare e li soddisfiamo, finché continuiamo a permettere che facciano come gli pare, perché dovrebbero mai migliorare? La violenza fa loro ottenere tutto quello che vogliono. E alla fine cosa c’è se non la morte».
(Iron Widow, pp. 229-230)
Iron Widow è un libro Young Adult di genere fantascientifico distopico, pubblicato il 21 Settembre 2021 da Penguin Teen Canada e scritto da Xiran Jay Zhao, autorə (Xiran si identifica come persona non binary e pertanto parlando di ləi userò la schwa) emigratə in Canada da una piccola città della Cina. Quando Xiran parla delle sue storie, passate, presenti e future, fa sempre riferimenti ad altre opere. Non sono mai “la storia di una ragazza che voleva distruggere un mondo patriarcale” o “il racconto di un ragazzo che incontra lo spirito del Primo Imperatore della Cina e va alla scoperta delle sue origini” ma “una rielaborazione di Darling in the Franxx che incontra la storia dell’imperatrice Wu Zetian” e “Yu-Gi-Oh che incontra un Percy Jackson cinese”.
Premessa: non c’è nulla di male nei lavori derivativi. Ogni artista è nato e cresciuto immerso in un brodo primordiale di stimoli culturali e artistici. Tante opere nascono dal bisogno di rielaborare le storie che ci hanno colpito e hanno lasciato un segno nelle nostre anime. Anche lo scrittore più originale e sovversivo parte da regole prestabilite da stravolgere. È umano e fisiologico e la pretesa di originalità a tutti i costi resta solo questo: una pretesa. Nelle interviste Xiran ha affermato più di una volta che Iron Widow non sarebbe nato senza dei discorsi illuminanti sulla serie e senza il suo desiderio, da accanitə fan dei manga e anime battle shonen, di voler rovesciare i trope di un genere che troppo spesso bistratta i personaggi femminili.
Qui finisce la mia comprensione, perché il libro che mi sono trovata davanti è un ammasso incoerente di troppe scene appoggiate su uno sputo di worldbuilding. L’unico motore che muove le azioni dei personaggi, che plasma la loro caratterizzazione e genera le vicende che li coinvolgono è soltanto questo: il desiderio di andare contro a tutti i costi, distruggendo cliché, salvo poi re-integrarli nella storia senza davvero metterli in discussione, il tutto senza riuscire a costruire un romanzo che abbia un minimo di personalità.
Iron Widow soffre del male di cui soffrono troppe produzioni attuali – non solo libri, ma anche serie TV, film, fumetti. Non mira a raccontare una storia ma offre al lettore un catalogo di trope e situazioni prese da questo o quell’altro franchise già conosciuto e rimescolate assieme sulla base del principio algoritmico: “se ti è piaciuto questo show e quest’altro film, allora sicuramente apprezzerai questo libro”.
Ma partiamo dalla trama. Wu Zetian, la protagonista di Iron Widow, è una contadina che vive in un oscuro e povero villaggio di frontiera. Abita in un futuro lontano, in cui la Terra è stata invasa e conquistata da una razza di alieni dalla forma sferica e composti di metallo-spirito, gli Hundun. Nel Paese di Huaxia si concentra il nucleo della resistenza umana, che contro gli Hundun combatte servendosi delle Crisalidi. Le Crisalidi sono giganteschi mecha costruiti con il metallo-spirito strappato alle spoglie degli Hundun uccisi in battaglia. Vengono pilotati da una coppia di piloti: un uomo e una donna, posizionati sui sedili dello yang e dello yin, che usano il loro qi per muovere i loro robot da combattimento.
In questo futuro misogino e classista, i piloti uomini sono considerati eroi, mentre le donne che pilotano con loro sono mere concubine, che spesso hanno un qi più basso e finiscono per venire fagocitate dalla mente dei loro compagni, che dovrebbero stabilizzare durante la lotta. I loro sacrifici vengono compensati con generose donazioni di denaro alle loro famiglie. In questo modo dai villaggi più poveri le ragazze continuano a venire inviate come offerte sacrificali per combattere contro gli Hundun. In rarissimi casi, alcune di loro hanno un qi abbastanza elevato da accoppiarsi perfettamente con i co-piloti uomini e formare con loro un Abbinamento Equilibrato. Solo due donne, al momento, godono di questo privilegio, che fa di loro due “Principesse di Ferro”.
La storia di Zetian comincia da un terribile proposito: arruolarsi come concubina per Yang Guang, il pilota che ha ucciso la sua adorata sorella maggiore, non in combattimento ma picchiandola a morte. Il suo scopo è assassinarlo per ottenere vendetta, anche a costo di condannare se stessa e la sua famiglia. Non andrà così. A pagina 96 di 422 la vendetta di Zetian è compiuta. La ragazza ha ucciso Yang durante la battaglia, prendendo poi il controllo della Volpe a Nove Code, la Crisalide che avrebbero dovuto pilotare insieme. A quanto pare il suo qi è molto elevato e così gli Strateghi che gestiscono l’esercito decidono di renderla la compagna di Li Shimin.
Li Shimin è conosciuto come il Demone di Ferro, il più forte fra i piloti delle Crisalidi. Shimin non è un eroe, purtroppo, ma un pilota alcolizzato, che prima ancora di assumere questo ruolo ha ucciso i suoi fratelli, per punirli di aver violentato una ragazza inerme. Shimin, in questa società che è anche razzista, paga lo scotto di essere di etnia Rongdi, un popolo che viene considerato alla stregua di barbari ed è fortemente emarginato. Shimin, soprattutto, è un assassino di concubine quindi un nemico giurato per Zetian, in guerra aperta con tutto il genere maschile.
Tranne Gao Yizhi, figlio dell’uomo più ricco e potente di Huaxia – nonché capo di un pervasivo impero mediatico – che negli ultimi tre anni è stato un grande amico di Zetian, colui che le ha insegnato a leggere e le ha mostrato che c’era un intero mondo fuori dal suo villaggio. Colui che la seguirà in questa avventura, facendosi reclutare in un corso per strateghi per vegliare su di lei, e colui che finirà per diventare l’ago della bilancia, mantenendo l’equilibrio fra la personalità esplosiva di Zetian e quella tormentata e chiusa di Shimin.
Zetian e Shimin dovranno imparare a collaborare e il percorso che li porterà a questo risultato esigerà che imparino ad aprire il loro cuore l’uno all’altra. Tutto accade mentre si fa sempre più prossima la battaglia decisiva per distruggere il nido degli Hundun. Sullo sfondo intrighi di potere coinvolgeranno Zetian, che sta facendo troppo rumore nel tentativo di cercare alleati e ridare dignità alle donne, e involontariamente finirà per scoprire dei terribili segreti, che non riguardano solo il sistema di pilotaggio delle Crisalidi. A tutto questo si aggiunge la leggenda di Qin Zheng, il leggendario generale-imperatore, che guidava la più potente delle Crisalidi, il Drago Giallo. Dovrebbe essere scomparso duecento anni fa ma, le leggende dicono, in realtà attende congelato sotto le montagne che qualcuno trovi la cura al male che lo affligge, così che possa tornare a difendere la Huaxia dagli Hundun.
Il quantitativo di bistecche messe a cuocere in questo libro è alto ma è anche comprensibile, visto che Iron Widow si propone di essere una serie a più volumi – e Xiran sta già lavorando alla seconda parte. Questo rende ancora più grave il fatto che Iron Widow sia un libro molto affrettato, dove non c’è respiro né possibilità di soffermarsi sui personaggi e sul mondo in cui si muovono.
La colpa non è tutta da imputare a Xiran, che ha dovuto fare i conti con i limiti di spazio e di contenuti imposti dalla casa editrice. In più di un’intervista ha sottolineato di aver dovuto tagliare le scene di sesso più esplicite, di aver dovuto comprimere i cosiddetti momenti “slice of life” – ovvero i momenti di vita vissuta che in un romanzo ambientato in un altro universo aiutano a capire le regole su cui esso si basa. Anche questo Young Adult è vittima, come molti suoi fratelli di successo, di uno stile imposto dalle case editrici per catturare un pubblico molto ampio, che si ritiene troppo giovane (dove però gioventù è sinonimo di “stupidità) per poter comprendere temi e storie complesse.
Per alcuni la lettura dev’essere prima di tutto un piacere e non si sta chiedendo a Iron Widow di essere un romanzo sperimentale, scritto in uno stile oscuro e con rimandi sconosciuti ai più. Il problema è che Iron Widow non è nemmeno una classica storia di formazione. Tutto accade troppo velocemente, spesso sono gli eventi a trascinare i personaggi e spingerli ad agire, i dilemmi finali vengono risolti da un deus ex machina infilato dentro la trama in modo così brusco da lasciare chi legge disorientato. Non c’è tempo di affezionarsi ai personaggi, di catturarne gli aspetti meno scontati, di vederli muoversi in contesti quotidiani. E, peggio ancora, su ogni ambientazione e relazione si stende una patina grigia che rende Wu Zetian, Gao Yizhi e Li Shimin dei cartonati scialbi, con cui è difficile identificarsi o anche solo empatizzare.
Iron Widow ha il sapore di un romanzo scritto a tavolino dove ogni battuta, ogni scena ad effetto, ogni scelta di trama sono ingegnerizzate per raccogliere il maggior favore possibile da un preciso settore di pubblico YA, affamato di una rappresentazione che continua a essere scarsa e di protagonisti che mettono in discussione un sistema malato, invece di preservarlo. Ma questo toglie forza e personalità alla storia di Xiran, perché si ha l’impressione, leggendo, di venire costantemente rassicurati: ogni errore di valutazione della protagonista viene da lei riconosciuto subito dopo; ogni contrasto incontra una rapida risoluzione; ogni rapporto si evolve immediatamente nella sua forma finale, come accade alla relazione poliamorosa fra Zetian, Yizhi e Shimin, che si realizza senza nessuna resistenza, dubbio o reale ostacolo, in un modo misogino e omofobo dove le donne vengono possedute come oggetti e non è previsto che abbiano voce in capitolo sulla scelta del partner.
Come negli show di successo, come nei film dell’MCU, Iron Widow è un concentrato spinto di azioni adrenaliniche, dove il tempo per riflettere, far decantare gli avvenimenti, gestire le reazioni e sviluppare i rapporti umani è ridotto allo zero. E, come se questo non bastasse, come se il romanzo non peccasse già di superficialità, rivelandosi un’accozzaglia di scene ritagliate e infilate a forza in un contenitore troppo piccolo, Iron Widow commette un altro errore.
È profondamente incoerente e si dimostra un romanzo che di femminista ha davvero molto poco.
Le vere nemiche delle donne sono sempre le altre donne
Quel che ho imparato da questa follia è che si può benissimo risolvere i propri problemi gettandoci addosso del denaro. Se non puoi farlo, probabilmente non hai abbastanza soldi per quel particolare problema.
(Iron Widow, p. 193)
In un libro non conta solo quello che i personaggi dicono, quanto ciò che fanno. Un personaggio può dichiararsi pacifista e avverso alla guerra ma se la sua storia è una parabola militarista, in cui quel personaggio ricorre alla violenza ed è anche il più bravo a combattere, ne ricaverò l’impressione che le sue sono soltanto parole vuote.
Wu Zetian ha il tragico difetto di essere la protagonista di un libro che vuole educare i suoi lettori a tutti i costi e spesso e volentieri le sue battute assomigliano a discorsi programmatici, rivendicazioni da manifesto d’intenti, arringhe per indottrinare il pubblico. Questo finisce per rendere i suoi dialoghi poco verosimili ma soprattutto fa di Zetian una protagonista che vuol fare la morale ai suoi interlocutori, pur essendo lei stessa un personaggio che a suo dire vuole sottrarsi a ogni morale. Questo conflitto fra ciò che i personaggi ci dicono di essere e ciò che fanno è una costante di tutto il libro.
L’adorata sorella maggiore della protagonista dovrebbe essere il motore che la spinge ad agire e a rivendicare rispetto, per se stessa e per tutte le donne, ma di lei non vediamo praticamente nulla. Non è nient’altro che poche parole al margine dei discorsi di Zetian e un’apparizione in un sogno. Non c’è modo di affezionarsi a Ruyi – questo il suo nome, accennato solo nel primo capitolo del libro – perché non la vediamo mai davvero interagire con Zetian. È solo un confuso ricordo, la cui morte serve a scioccare e spingere la protagonista all’azione, in modo non dissimile da quello che accade in tante altre storie, dove un protagonista maschile è spinto dal desiderio di vendicare la morte di una moglie, figlia, sorella, madre, che resta sempre solo un’idea platonica sullo sfondo delle vicende.
Zetian dice di voler essere una donna indipendente e fredda, ma ci ricorda costantemente di avere un disperato bisogno di aggrapparsi emotivamente a Yizhi, la sua stella polare, così come a Shimin, che diventa lo strumento per darle la forza di sovrastare gli altri, quando sono nella Crisalide dell’Uccello Vermiglio. Zetian afferma di voler aiutare le donne, ma non c’è un solo momento di sorellanza all’interno del libro. Le sue interazioni con altri personaggi femminili sono minuscole – e spesso i discorsi ruotano attorno agli uomini e a quanto siano malvagi – ma nei fatti sono solo i due uomini della sua vita, Yizhi e Shimin, ad aiutare Zetian, mentre le donne sono sempre e solo sue avversarie Anche chi si presenta come una possibile aiutante finirà per rivelarsi una traditrice.
Questo è un punto importante, perché alcuni commentatori hanno molto lodato la capacità di Iron Widow di non presentare “ipocritamente” solo personaggi femminili positivi. Il problema è che non ci sono abbastanza personaggi femminili per avere un cast diversificato e complesso. Zetian vuole essere protagonista di una rivoluzione femminista, che però coinvolge solo lei. Le altre due Principesse di Ferro con cui interagisce sono una la versione ancora più aggressiva di Zetian, Dogu Qieluo, e l’altra lo stereotipo della madre amorevole, Ma Xiuying. La prima finirà per diventare un’alleata solo perché, in quanto Rongdi, si sente molto vicina a Li Shimin. La seconda si rivelerà disposta a tutto pur di proteggere i propri figli e per questo verrà punita.
Mentre anche in questo libro agli uomini viene concesso di incarnare archetipi diversi – anche se ovviamente, esclusi Shimin e Yizhi, sono tutti stereotipi piatti sullo sfondo della vicenda – Zetian risulta essere l’unico modello di donna accettabile e in grado di portare avanti questa presunta rivoluzione. Perché Zetian non subisce, perché Zetian reagisce, perché Zetian imita i modelli di mascolinità tossica che seguono gli uomini in questo mondo patriarcale. Perché Zetian afferma in via di principio di voler salvare le donne ma la sua pietà si dirige solo alle ragazzine o alle concubine innominate, mai alle donne con cui interagisce, magari più adulte e consapevoli, magari anche sostenitrici di un modello sociale sbagliato. Zetian però non fa nulla per portare avanti la sua causa e convincere altri a seguirla.
Zetian è una donna femminista in un mondo misogino e patriarcale ma non si capisce da chi e in che modo abbia introiettato queste idee e questi modelli di comportamento. Zetian ha il sapore di un personaggio esterno, appartenente alla nostra epoca e inserito a forza in un contesto totalmente alieno, per dire alle persone con cui interagisce: “Voi state sbagliando”. Poco importa che poi anche Zetian riconosca di sbagliare o avere giudizi affrettati. Queste considerazioni in prima persona suonano come aggiustamenti, per dare al suo personaggio una patina di profondità che in fin dei conti non possiede.
La narrazione finisce per regalarle ogni occasione per diventare sempre più potente senza troppi sforzi. Un punto che non contesto, perché è il fulcro di tante power fantasy al maschile e anche le lettrici meritano le loro power fantasy. Ma nel momento in cui Iron Widow vuole farsi portatore di messaggi politici e sociali, allora sorgono parecchi problemi.
È questa la mia strategia, effettivamente priva di grazia: annichilire ogni centro di potere perché tutto collassi nel caos e le persone non abbiano altra scelta che ubbidire alla cosa più potente che ci sarà… me.
(Iron Widow, p. 413)
È questo quello che afferma Zetian durante uno snodo di trama fondamentale ed è effettivamente questa frase che riassume bene tutta la morale sottostante ad Iron Widow: al netto delle ovvie banalità sulle donne che sono le prime nemiche delle altre donne, sulle donne che diventano sentinelle di un sistema misogino che fa di loro vittime ma anche carnefici delle loro sorelle, la risposta che viene offerta non è una rivoluzione che parte dal fare comunità fra oppressi, che si sono liberati dal giogo mentale delle costrizioni sociali. Zetian è sola e decide di controllare le vite dei cittadini di Huaxia da sola, facendo calare dall’alto il suo sistema di valori e le sue idee politiche.
È il tragico difetto di molti prodotti di fiction speculativa contemporanei: chi scrive spesso ha delle idee molto vaghe sui propri ideali politici, che vuole portare avanti nelle proprie opere, e finisce per entrare in contraddizione con ciò che afferma con veemenza. E difatti uno dei difetti strutturali di Iron Widow è l’assenza di una vera critica al classismo, che dovrebbe andare a braccetto con la critica al patriarcato. Nonostante Zetian ripeta stancamente il mantra “i ricchi sono cattivi” è un fatto non solo che uno dei suoi ragazzi sia il figlio del Silvio Berlusconi di turno (perché Gao Qiu, il padre di Yizhi, riveste praticamente questo ruolo nel Paese di Huaxia). È un fatto che i soldi di Yizhi e le sue connessioni siano la chiave che ha permesso a Zetian di scoprire il mondo esterno e liberarsi. È un fatto che i privilegi di Yizhi vengano estesi a Zetian e Shimin, che solo così possono vivere in condizioni dignitose e non in una cella nascosta in un bunker. È un fatto che Yizhi, come suo padre, ricatti i suoi dipendenti per spianare la strada, anche mediaticamente, a Zetian.
È un fatto che Zetian accenni frettolosamente ai poveri che vivono ammassati nelle zone più povere della capitale della Huaxia, Chang’an, ma tutto il libro sia ambientato solo nelle stanze del potere, negli appartamenti ricchissimi, nei luoghi dove l’élite si riunisce e mette in scena le sue cerimonie tronfie, per incantare i poveri. È un fatto che i villaggi di frontiera, come quello da cui proviene Zetian, siano rappresentati come luoghi fatti solo di fango, povertà e arretratezza, dove tutta la gente è ignorante e chiusa di mente. Eppure la Storia stessa delle vicende umane dimostra, a diverse latitudini, che nel passato le campagne sono state focolai di ribellioni contro il potere e luoghi comunità auto-organizzate. E questo è importante, perché Xiran parla della sua cultura ed esplicitamente attinge alla sua storia passata – ovviamente senza volerla rielaborare, perché Iron Widow si presenta come una distopia fantascientifica e avverte nel suo prologo di non volere essere un adattamento fedele della vita dell’imperatrice Wu Zetian, realmente esistita.
Iron Widow è un libro incoerente, proprio perché ciò che mostra, le azioni che racconta, vanno in conflitto con i suoi propositi di essere un romanzo femminista, che dovrebbe offrire una speranza e dovrebbe decostruire i cliché del manga battle shonen classico, trattando le sue donne con dignità. Nulla di tutto questo accade. La prima persona di Zetian, giudicante e limitata, seppellisce sotto una gragnuola di giudizi le sue sorelle. L’offerta di personaggi femminili è limitata, il mondo distopico scelto volutamente ci costringe a muoverci in una società fortemente binarizzata, dove nessuno spazio è lasciato a interpretazioni non conformi dell’essere donna – e dove, stancamente, si continua ad attaccare un certo modello di donna per contrapporlo a un altro. Come troppi battle shonen contemporanei è un’opera affrettata, poco meditata, che non offre spazio all’approfondimento e allo sviluppo dei personaggi.
Non basta la rabbia a costruire un mondo nuovo
Se fossi un maschio starei vivendo un sogno. Potrei combattere meccalieni nella mia gigantesca macchina trasformabile personale, essere amato e onorato come una celebrità e godere dei servigi di un’intera torre piena di concubine.
(Iron Widow, p. 50)
Di colpo mi si aprono infinite possibilità. È giusto, non sono più un essere umano. Sono stata liberata dal mio corpo spezzato, da quel guscio di carne e ossa che da tutta la vita si prepara a venire usato per i capricci e i piaceri degli uomini.
(Iron Widow, p. 89)
Due settimane, durante le quali sarò confinata in questo inutile corpo mortale, alla mercé di qualsiasi cosa l’esercito abbia in serbo per me.
(Iron Widow, p. 127)
Peggio che essere un faro di false speranze è essere un altro cadavere femminile, subito cancellato e dimenticato. Soltanto in una Crisalide posso emergere con tutta la forza e lo sprezzo possibili.
(Iron Widow, p. 156)
Faccio un sospiro che sembra allungarsi per mille anni. «Sono così stanca di essere una femmina». «Sì. Se fossi un ragazzo ormai governeresti il mondo».
(Iron Widow, p. 185)
L’unico conforto è che mi sono liberata dal mio corpo oppresso dal dolore.
(Iron Widow, p. 249)
Fletto le dita, desiderando il potere della mia armatura spirituale. Ma non c’è niente. Non ho niente.
(Iron Widow, p. 286)
Ho scelto, per chiudere questa recensione, di presentare una collezione di citazioni da vari capitoli del libro, per far comprendere quanto fisicamente mi abbia fatto male leggere Iron Widow. Per essere una power fantasy femminista, il romanzo di Xiran fa sentire ben poco a suo agio una lettrice che vorrebbe sentirsi liberata e orgogliosa di essere donna. Perché Zetian rimarca a ogni passo che il suo corpo femminile è misero e fonte di dolore e disappunto, che fuori dalla Crisalide, da questa protesi che la rende superiore a ogni uomo, lei non è in grado di far nulla.
Per essere una power fantasy femminista, Iron Widow accusa costantemente le donne che subiscono molestie e abusi di essere la causa primaria del sussistere del patriarcato – come se fosse così semplice, come se bastasse ribellarsi alle botte in un sistema misogino, in cui qualsiasi donna che si ribella rischia la morte. Una morte che verrebbe dipinta come “meritata” e lasciata invendicata.
Per essere una power fantasy femminista, Iron Widow si apre dal punto di vista di Yang Guang, per farci capire quanto sia borioso e arrogante ma, come spesso accade, è ciò che ci viene raccontato nel dettaglio che ci fa capire i personaggi e simpatizzare per loro. Non si può costringere a parole un lettore a partecipare del dolore di Zetian, se di sua sorella non sappiamo e non abbiamo visto nulla. Il libro riesce con più efficacia a dipingere il dolore di Shimin per la morte della sua precedente compagna ma non riesce a farci empatizzare per il terrore e la paura che attanagliano il cuore di troppe donne, che in questo libro vengono spinte ai margini e antagonizzate, perché commettono l’errore di sottomettersi a un uomo. Come se avessero scelta. Come se Zetian fosse capace di dare loro orgoglio, speranza, voglia di lottare.
Per essere una power fantasy femminista, Iron Widow rimarca costantemente solo il disprezzo che la protagonista prova per il suo essere donna. E se è pur vero che, ovviamente, anche Zetian debba essere vittima della misoginia di un sistema in cui è stata immersa fin dalla nascita, è molto frustrante che non ci sia un solo momento nel libro in cui sia orgogliosa di essere se stessa. Non le viene mai concesso di dimostrare di avere diritto al rispetto, non perché sa uccidere utilizzando una protesi d’acciaio, ma semplicemente perché è un essere umano e nessuno dovrebbe opprimerla, solo perché non si conforma a determinati standard. Zetian va contro le aspettative di genere solo per sottolineare che l’unico modo di sopravvivere è diventare come lo stereotipo dell’uomo più tossico e misogino del suo mondo.
Iron Widow è non solo un libro affrettato e mal scritto ma anche tragicamente incoerente e paradossalmente intriso degli stessi cliché misogini che afferma di voler combattere. A leggere la storia di Xiran si ricava soltanto l’impressione che gli uomini siano, salvo poche eccezioni, dei gorilla senza controllo che si muovono in branco, mentre le donne sono delle vipere velenose. Non c’è speranza, l’unica via d’uscita è la distruzione totale.
E da questo capisco perfettamente perché Iron Widow abbia avuto così tanto successo. Incarna alla perfezione un desiderio nichilistico di annullamento che appartiene alla mia generazione, i Millennials, e ancor più a quella successiva, la Gen Z. Ci regala una protagonista completamente arrabbiata, che si sente sola nel combattere un sistema tanto ingiusto quanto monolitico, che desidera una soluzione rapida e distruttiva a ogni problema, non importa se richiede l’imposizione tirannica dall’alto di una cosiddetta “giustizia”.
E sia. Ogni autore ha diritto a raccontare il mondo così come lo vede. Veniamo fuori da due decenni di letteratura neo-lib a-là Harry Potter, che ci ha insegnato che il sistema è sbagliato ma dobbiamo tenercelo stretto, perché sennò arrivano dei cattivi più cattivi – e poco importa se alcune categorie dovranno subire un’oppressione feroce per assicurare la tranquillità e la libertà democratica a una ristretta maggioranza. Adesso che questa linea di pensiero si è rivelata fallimentare, adesso che i sistemi politici scricchiolano ma non cadono e ci sentiamo intrappolati in un intreccio di sovrastrutture troppo grandi, troppo radicate e troppo forti per essere abbattute da gruppi di singoli organizzati, la risposta più semplice sembra invocare l’Apocalisse.
Purtroppo per Iron Widow, però, non c’è nemmeno il coraggio di andare fino in fondo. Se il romanzo di Xiran ci fosse stato offerto come una distopia fantascientifica con una protagonista intenzionata a distruggere e punire, assecondando a tutti i costi la sua sete di vendetta, sarebbe stato un’opera onesta.
Ma le paternali sulle donne che subiscono e i facili commenti sul revenge porn, a cui basterebbe reagire sentendosi a proprio agio nel proprio corpo nudo, perché “la vergogna e l’umiliazione sono emozioni autoimposte”, non sono accettabili. Forse il secondo volume della saga di Zetian sarà migliore. Forse no. Con queste premesse non ho intenzione di scoprirlo.
Correlati
Scopri di più da The Flamingo Strikes Back
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.