“Via Col Vento” è anche un romanzo razzista, si sente dire spesso, e questa caratteristica viene trattata come una nota al margine di una storia imponente che “parla d’altro”. Invece, grattando la superficie di crinoline, terra rossa, “coraggiosi meridionali” e viziate signorine in disgrazia, si scopre che il fulcro del romanzo di Margaret Mitchell è proprio questo.
La sopravvivenza del privilegio bianco.
“Via Col Vento” è un pezzo ben scritto di propaganda confederata. Con la forza di una storia dai toni pesantemente melodrammatici e dai contenuti apparentemente universali (nascite e morti, amori irrealizzabili e relazioni tormentate, fame, guerra, malattie, distruzione e ricostruzione, c’è tutto), Margaret Mitchell ci distrae, mentre ci propina il peggior rigurgito di revanscismo sudista.