Lo spirito letterario nascosto nella chimica
Per parlare di quanto sia bella e particolare la narrazione de Il Sistema Periodico, bisognerebbe partire proprio dalla fine, da Carbonio, ultimo dei racconti e in qualche maniera manifesto dello spirito che informa questa raccolta e che si incarna in modo commovente nella descrizione del viaggio centenario di un atomo di carbonio e della sua inconsapevole collaborazione alla creazione di queste storie.
Perché anche la chimica è un’arte che, insieme alla scrittura, ha contribuito a salvare Primo Levi da un inferno di ricordi che avrebbero potuto perseguitarlo per il resto della sua vita.
La trama
Primo Levi, nel capitolo conclusivo, afferma che Il Sistema Periodico non è propriamente un’autobiografia, ma è certamente una raccolta autobiografica, perché molto attinge dalle sue esperienze di vita sia quando parla di episodi e fatti realmente accaduti, sia quando riporta su carta stampata racconti di fantasia scritti nella sua giovinezza e che pure sono specchio dei suoi desideri e del suo amore per la chimica.
Il criterio ordinativo della raccolta è squisitamente cronologico: si parte dalle radici familiari ebraiche di Levi in Argon, dall’aneddotica tramessa di parente in parente a proposito di zii e zie vicini e lontani, per proseguire con gli incontri e le vicissitudini durante la formazione universitaria – purtroppo ostacolata dalle leggi razziali entrate in vigore nel 1938 che trattavano gli ebrei italiani come cittadini di serie B – per proseguire con i primi, precari lavori, alla ricerca di un sostentamento economico per una famiglia ormai depauperata del suo patriarca. È qui in mezzo che si inseriscono i due racconti di fantasia Piombo e Mercurio, redatti durante il faticoso periodo di lavoro di Levi alle Cave.
La deportazione segna come una spaccatura in due parti all’interno della raccolta, un’ombra a lungo attesa e temuta che già si stagliava sui resoconti di vita precedenti al 1944. Levi non vi si sofferma che per più di un episodio – quello dedicato ad Alberto – perché molto è già stato detto in Se Questo È Un Uomo, e si ritorna presto al racconto della ripresa di una vita normale, o di una sua parvenza, in un’Italia che sta cercando di riprendersi dai postumi della Seconda Guerra Mondiale. L’incontro con la donna che diventerà sua moglie, la faticosa ricerca di lavoro e di stabilità economica e poi finalmente la quiete di una vecchiaia che si fa carica di ricordi, riflessioni e incontri inaspettati sono quello che segue, fino al conclusivo e bellissimo Carbonio.
Scrivere per sconfiggere i demoni
«È, o avrebbe voluto essere, una microstoria, la storia di un mestiere e delle sue sconfitte, vittorie e miserie» dice Primo Levi di questo libro, in Carbonio e poi, ancora, dialogando con un vecchio compagno di studi, esclama in Argento: «A me interessavano di più le storie della chimica solitaria, inerme e appiedata, a misura d’uomo, che con poche eccezioni è stata la mia». Ed è una storia di piccole cose – anzi, sono tante storie di piccole cose – quella raccontata da Levi, tanti piccoli progressi, nella vita personale e nella pratica della chimica, altrettante marce indietro, punti morti, fallimenti da cui poter ricominciare.
L’abilità narrativa di Primo Levi è sorprendente per tanti rispetti: riesce, effettivamente, a rendere la chimica un soggetto molto più interessante di come ce lo illustravano a scuola, una materia estremamente viva che si intreccia con la vita quotidiana dei protagonisti dei vari racconti e cambia insieme a loro. Levi le dà corpo, narrando ogni esperimento come se seguisse una trama, una progressione narrativa ben definita, una ricerca che parte da un problema esterno e poi segue una strada spesso accidentata – dove i possibili antagonisti non sono altro che i limiti del chimico stesso, che procede per tentativi innumerevoli per trovare una soluzione.
Altrettanto sorprendente, però, è la capacità con cui Primo Levi sa non solo dare personalità agli elementi chimici ma soprattutto dipingere con poche ma efficaci pennellate le persone che ha incrociato nella sua vita e che l’hanno cambiata, lasciando un segno più o meno duraturo nell’alveo dei suoi ricordi. Che si tratti di un sentimento mai davvero sbocciato con una sua ex-collega di lavoro oppure di un compagno di studi che ha impresso una svolta alla sua visione della chimica e lo ha trascinato per montagne a fare salutari arrampicate, ogni personaggio che fa capolino nei racconti – e che spesso ispira in Levi un’associazione con questo o quell’elemento chimico – prende forma compiuta sotto gli occhi del lettore, restando ben impresso nella sua mente con tutte le sue particolarità.
E poi c’è la memoria del Lager, il retaggio ebraico che resta un aspetto fondamentale della vita, della cultura e delle abitudini di Levi, il tentativo di esorcizzare e razionalizzare l’esperienza devastante che ha vissuto per un lunghissimo anno e che si è ripresentata nella sua vita sotto forma di un incontro tanto casuale quanto inaspettatamente illuminante. Primo Levi non rinnega nulla di tutto questo, né se ne vergogna, e pur non soffermandosi con la stessa ampiezza che vi ha dedicato in Se Questo È Un Uomo, trapela da molte pagine l’esigenza quasi primordiale di raccontare, di spiegare, di svolgere la matassa di ricordi dolorosi per ridurli a più miti consigli, per capire il senso di tanto orrore e per cercare di farlo capire anche a chi legge.
Il Sistema Periodico è un libro intenso, intenso in un modo inaspettato, perché Levi non ha bisogno di alzare la voce né ricorrere a descrizioni raccapriccianti per costringere il lettore a pensare, a empatizzare. Il suo narrare è pacato, calmo, raccontato come si raccontano gli aneddoti di vita seduti davanti a un bel fuoco o nella quiete di una mattina domenicale. È forse questo il più grande fascino de Il Sistema Periodico, questo ritmo costante, questo svolgersi degli eventi senza fretta ma senza fronzoli e inutili circonlocuzioni, che scorre come un fiume placido in cui immergersi e lasciarsi trascinare, lasciandosi catturare fra le reti di questo dialogo o di quella riflessione, mentre si scava fra i segreti del lavoro quotidiano di un chimico che sa essere anche uno squisito narratore.
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