The Dragon and the Dazzle (2011)

Storia ragionata di manga e anime in Italia

Dragon and Dazzle_Cover

“Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese. Una prospettiva europea”. Il sottotitolo di questo imponente saggio (689 pp.; 546 pp., se si escludono note e corposa bibliografia) sull’incontro del mondo occidentale con un segmento specifico della cultura giapponese – gli anime, prima, e i manga, poi – riassume molto bene i contenuti e il tipo di approccio di Marco Pellitteri a questo complesso argomento.

Pubblicato anche in italiano (“Il Drago e la Saetta”), sempre per i tipi della Tunué, in un formato più ridotto, nella sua versione inglese – curata in collaborazione con la Japan Foundation, che si occupa di agevolare la diffusione all’estero di saggi e studi sulla cultura giapponese – The Dragon and the Dazzle si presenta come un lavoro ragionato e molto curato, seppur con limiti segnalati dall’autore stesso, su come la cultura pop giapponese si sia sviluppata a partire dal secondo dopoguerra e su come abbia attraversato diverse fasi, prima di essere completamente accettata nel mondo occidentale.

Questo libro, per quanto complesso nella trattazione, è consigliabile a chiunque abbia interesse per i manga e gli anime e voglia approfondirne la dimensione sociale e culturale. È inoltre sicuramente un buon punto di partenza per chiunque voglia scrivere una tesi o uno studio sull’argomento, perché offre molte coordinate di ordine storico ed economico a proposito di anime e manga. C’è da notare, poi, che il suo autore è stato prima di tutto un fan degli anime, quando a loro tempo arrivarono in Italia con Ufo Robot, e questo aggiunge al saggio, qui e là, certe notazioni di colore che fanno affiorare la passione di chi ha fatto di un suo hobby un oggetto di studio serio e competente. In barba a chi pensa che gli anime e i manga siano solo disegni per bambini, insomma.

Chi sono il Drago e la Saetta?

Ufo Robot Grendizer e Pikachu sono i due personaggi che appaiono sulla copertina – non particolarmente attraente, c’è da dirlo – del libro e sono anche le due personificazioni delle fasi che Pellitteri distingue nell’arrivo della cultura pop giapponese in Occidente: la fase del Dragone (rappresentata dal personaggio di Grendizer, appunto) che va dal 1978, anno di arrivo di Ufo Robot sulle TV francesi e italiane, alla seconda metà degli anni Ottanta; la fase della Saetta (personificata invece dal personaggio di Pikachu), che va dagli anni Novanta ai primi anni Duemila.

Di queste due fasi Pellitteri parla più compiutamente soprattutto nella seconda delle due parti in cui è diviso il saggio, quella dedicata alla ricezione della produzione animata e fumettistica giapponese nel mercato occidentale. Lo sguardo dell’autore, per sua stessa ammissione e come da sottotitolo, si concentra soprattutto sulla prospettiva europea e in particolare sulla realtà italiana. Non si limita però a raccontare le reazioni, spesso esasperate, della stampa e della politica a questi nuovi cartoni animati “troppo violenti” ma offre al lettore anche un quadro di cosa fosse la TV e la società italiana alla fine degli anni Settanta, quando programmi come Ufo Robot irruppero nei nostri palinsesti.

La seconda parte tocca anche tutto ciò che nel mondo dell’editoria italiana ha ruotato e ruota attorno alla pubblicazione di manga e di fanzine, confrontando il nostro contesto con quello, coevo, di Paesi come la Francia, la Spagna, la Germania e la Svizzera. Un intero capitolo è dedicato ai diversi modelli di approccio economico e culturale da parte delle aziende giapponesi al mercato europeo: da modelli di esportazione praticamente spontanei e non guidati a modelli più complessi – come quello messo in campo dalla Nintendo per la promozione dei Pokémon negli USA e in Europa.

La macchina, l’infante e la mutazione

Se interessante è lo studio di tutte le reazioni nel mondo occidentale a un contesto come quello giapponese, il cui codice culturale è spesso lontano dal nostro e che all’epoca suonava drammaticamente nuovo, soprattutto in un’Europa egemonizzata dai modelli culturali statunitensi; ancora più interessante, a mio dire, è la prima parte, quella in cui Pellitteri si occupa di decodificare questi modelli culturali giapponesi, che affiorano prepotentemente sia negli anime sia nei manga. Dopo una lunga introduzione, che si occupa di offrire al lettore il giusto vocabolario per comprendere il linguaggio di questo saggio, Pellitteri introduce i concetti-chiave del suo studio: la macchina, l’infante e la mutazione. Questi tre concetti, a suo dire, affiorano non solo nei personaggi come Ufo Robot e Pikachu e nella cultura del kawaii, ma si intersecano anche con le due fasi del Drago e della Saetta e contribuiscono a determinarne i caratteri fondamentali.

Particolarmente illuminante sono i capitoli “Machina Ex Nippon” e “Nippon Ex Machina”, dedicati alla figura del robot e alla concezione più generica della macchina nella cultura giapponese, e perché quest’ultima addiviene al concetto di fusione uomo/macchina, a differenza della narrativa occidentale, tutta imperniata, invece, sul conflitto fra il primo e la seconda. Il capitolo sul kawaii, invece, diventa un’occasione per parlare della “fuga dall’adultità” di molti giovani giapponesi e di come le caratteristiche del mondo del kawaii diventino per loro una maschera per rifugiarsi in un mondo infantile privo di responsabilità. Della mutazione, invece, Pellitteri si occupa soprattutto nella seconda parte e in connessione a personaggi, come i Pokémon, la cui caratteristica è proprio quella di mutare – metafora della crescita, mostrata al pubblico dei più giovani.

Il saggio diventa anche una buona panoramica su alcune delle serie – non solo di robot e di piccoli mostri da catturare – che più hanno avuto successo in Occidente negli ultimi trent’anni, nonché un’occasione per dissipare molte false credenze e miti su anime che hanno subito la mannaia della censura e il taglia-e-cuci di emittenti – soprattutto statunitensi – che ne hanno travisato la trama e ignorato le particolarità stilistiche.

Il mondo dei fan europei

Essendo il saggio dedicato alla percezione di anime e manga da parte del pubblico europeo, non poteva mancare una sezione dedicata ad analizzare proprio i pareri e le percezioni del fandom. Alcuni paragrafi sono quasi estenuanti nella scrupolosità con cui elencano fonti su fonti di studi compiuti sull’argomento; o quando si occupano di mostrare i risultati statistici di un sondaggio online indirizzato ai lettori di manga. Anche queste sezioni, però, sono importanti sia per segnalare i lavori sull’argomento, sia per offrire uno sguardo il più dettagliato possibile sulla materia, scevro di tutti quei pregiudizi con cui spesso troppi giornalisti e studiosi si approcciano all’universo di manga e anime, denigrando questi ultimi e i loro fan e fruitori.

Non mancano i limiti, naturalmente. Quello di Pellitteri è anche lo sguardo di un fan, e questo lato passionale affiora qui e là, soprattutto quando si tratta di vantare una presunta superiorità della narrativa giapponese su quella dei fumetti occidentali, e qui va segnalato il capitolo curato da Bouissou. Eminente studioso francese, tra l’altro autore dell’ottimo “Il Manga”, in questo capitolo, che assomiglia molto a un diario privato sul suo incontro col mondo di anime e manga, Bouissou si concentra così tanto nell’esaltare questi ultimi, da denigrare e demolire il mondo del fumetto francese ed europeo in modi esagerati, facendo di tutta l’erba un fascio e andando ben oltre la descrizione delle differenze di approccio al pubblico e alle storie. Il limite più grande di tutti è stato, probabilmente, decidere di ignorare in modo fin troppo ingenuo come una realtà tanto, troppo, strutturata come quella delle case di produzione di anime e delle case editrici giapponesi schiacci gli autori, costringendoli a ritmi di lavoro elevati e portandoli a omogeneizzare le loro storie, per continuare a catturare un pubblico sempre più calante.

Il più grosso limite di questo pur ottimo saggio resta infatti proprio il tempo di pubblicazione. Mandato alle stampe più di sette anni fa, l’autore non poteva certo prevedere né la crisi economica, né come questa avrebbe inciso sulla produzione e l’esportazione di anime e manga, da un lato, e sulla sua ricezione e diffusione in Occidente dall’altro. C’è una sottile ingenuità nel raccontare al lettore che manga e anime si fanno portatori solo di valori positivi – un’ingenuità perdonabile, contando l’investimento emotivo dell’autore, che ha visto tanti e tali pregiudizi ammonticchiarsi in Occidente in fiumi di articoli e trattatelli ignoranti sull’argomento anime&manga, da reagire forse con fin troppo energica esasperazione.

Resta il fatto che The Dragon and the Dazzle offre ottimi spunti di riflessione e tratta con molta cura e da un punto di vista, almeno in Italia, ancora abbastanza inedito lo studio dei modelli economici e culturali di esportazioni di diversi media giapponesi in Occidente. Una lettura che consiglio – sia che vogliate concentrarvi sull’edizione italiana, sia che siate in grado di procurarvi e leggere quella inglese.


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Un commento su “The Dragon and the Dazzle (2011)

  1. Rieccomi! Anch’io ho appena recensito un libro che secondo me ti piacerebbe moltissimo… spero che il mio post non ti deluda! 🙂

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