Con un poco di zucchero, la sceneggiatura va giù
L’operazione più difficile da compiere, quando guardi un film e lo devi recensire, è scindere il giudizio personale dello spettatore da quello possibilmente più tecnico e obiettivo del recensore.
È una difficoltà che si è ripresentata tutta dopo aver visto Guardiani della Galassia 2, che ho amato persino più del film precedente, ma che presenta esattamente tutte le pecche che stanno rendendo ogni film del franchise Disney – e in special modo del franchise Disney-Marvel – un prodotto fallato in più punti, per difetti che spesso si ripetono invariati, fotocopie l’uno dell’altro perché “fotocopiati” suonano anche tutti questi film messi in fila.
Nonostante il “sì” che ho dato a questo film, insomma, i sentimenti che la visione si è lasciata dietro sono stati a dir poco ambivalenti, perché è sempre irritante osservare come una grossa produzione, su cui sono stati investiti tanti milioni di dollari, continua a valicare il sottile confine fra “live action disimpegnato” e “film di serie B girato male”. E andiamo a incominciare, insomma.
[ATTENZIONE, SPOILERINI SPOILERONI SOTTO IL CUT]
Un ritmo schizofrenico
Il primo, grande, enorme, gigantesco problema di questo film – lo stesso che i film Marvel si trascinano da anni, dai tempi del primo Avengers – è la comicità. Non parlo solo del fatto che è una comicità spicciola, molto infantile, molto diretta a un pubblico di adolescenti considerati molto stupidi dai produttori (oppure sono io che li considero troppo intelligenti, perché tutti gli adolescenti in sala con me hanno riso come matti durante tutta la proiezione; forse i produttori Disney hanno solo meno fiducia di me nell’intelligenza dello spettatore medio). Parlo del fatto che questa comicità era esasperata e fuori luogo, che lo scambio di battute era serrato, onnipresente, fuori posto al punto che molti dialoghi finivano per risultare forzati e le interazioni fra i personaggi stanche. Questo è stato un problema soprattutto della prima parte del film, dove ogni momento era buono per inserire una battuta a tutti i costi, soprattutto per smorzare scene che potevano essere di forte impatto emotivo (vedi, per tutti, il discorso di Nebula, bruscamente interrotto da una battuta sulle donne che con i soldi si comprano i “cappellini”, esclamata in un universo galattico in cui, tra le altre cose, i costumi sembrano essere molto meno rigidi e codificati di quelli terrestri).
Alla Disney sembrano non aver capito bene la differenza che intercorre fra un film caratterizzato da una forte vena di humor e il riadattamento di una squallida sit-com americana per il grande schermo. Citerò Deadpool fino alla noia, ma la Twentieth Century Fox ci ha consegnato un film che era un condensato di humor nero e dove pure c’erano momenti topici per la trama, in cui l’esigenza di smorzare i toni doveva farsi da parte per far percepire allo spettatore la tragicità della scena a cui stava assistendo. Soprattutto, l’esigenza di far ridere non era forzata al punto da alterare il ritmo del film. Guardiani della Galassia 2 è un film immenso, parliamo di ben 134 minuti. Tre quarti del girato sono stati spesi a fare battute anticlimatiche, togliendo spazio in certi casi a una resa efficace dei personaggi.
Sto parlando del fatto che Drax sembrava costantemente sotto effetto di gas esilarante – no, la sua maturazione emotiva non è stata gestita bene, per nulla – o del fatto che Mantis fosse la fotocopia della brutta copia dello stereotipo dell’aliena svampita (nonostante, dati i suoi poteri e certe sue affermazioni, il potenziale per essere costruita in modo più calibrato ce l’aveva). Sto parlando del fatto che questo film sembra essere stato girato da due team di sceneggiatori: uno, fortemente incapace, ficcava dentro battute a tutt’andare e rendeva i personaggi delle macchiette; l’altro interveniva a salvare in corner quello che restava e in qualche maniera riusciva a dare al film un senso e degli spunti interessanti. È quello che è accaduto al personaggio di Nebula e al suo rapporto con Gamora; è quello che è accaduto a Gamora stessa con Peter e con le sue avances da teenager immaturo, nonostante i 34 anni d’età.
Insomma, quello che se ne ricava alla fine è un certo disorientamento, perché questo film non è omogeneo, questo film è una collazione di situazioni banali e sciocche ma anche di scene entusiasmanti, di spunti iniziali traballanti e poi di evoluzioni spericolate verso qualcosa di più e di meglio.
Film a singhiozzo
Ci sono concept francamente molto interessanti in questo film. Il wordbuilding, per quanto non approfonditissimo, è coinvolgente – senti che ti trovi nello spazio a svolazzare fra pianeti abitati da alieni con usi e costumi diametralmente opposti a quelli umani, come accade su Sovereign. È un film visivamente superbo, molto colorato, molto stellare, molto alieno, cartoonizzato nel senso migliore del termine, perché l’estetica esagerata e vistosa crea un tipo di contrasti molto netto.
È un film che, dal punto di vista fantascientifico, sa tirarti fuori anche spunti molto particolari, come quello sulla razza a cui appartiene Ego, il padre biologico di Peter Quill. Il concetto stesso del pianeta vivente come emanazione della sua potenza cosmica è tanto affascinante quanto terribile, così come il fatto che il personaggio non si riveli scontatamente un alieno innamorato, guarda caso, proprio di quel singolo essere vivente che era la madre di Peter ma, anzi, in virtù della sua supposta superiorità ontologica sappia rivelarsi molto crudele e capriccioso.
È un film che parla molto di famiglia e riesce proprio lì dove contemporaneamente fallisce: nel dipingere i rapporti fra i personaggi. Perché, nonostante tutti i limiti della sceneggiatura e della regia, i Guardiani sono cresciuti, i loro rapporti si sono evoluti, stanno davvero diventando una famiglia, un gruppo unito di cinque alieni che possono contare l’uno sull’altro. Così come, proprio sul discorso familiare, probabilmente una delle figure meglio costruite e più ricche di sfumature del film si rivela Yondu, ben gestito sia nel suo lato più crudele di Ravager sia in quello di padre putativo sconclusionato di Peter. E lo è al punto da dare profondità anche a Rocket Racoon – e la decisione di dividere il cast in due parti è stata una delle poche scelte registiche davvero sensate, visto che ha permesso di focalizzarsi meglio su tutti i personaggi principali, senza che la loro coesistenza nello stesso spazio mettesse in ombra alcuni e facesse risaltare altri.
La conclusione finale è che Guardiani della Galassia 2 è un film piacevole ma così schizofrenico nei suoi alti e bassi da lasciare frastornati. Per quanto amore si possa avere per i blockbuster hollywoodiani sui supereroi, ripetere la stessa formula invariata per ogni nuova puntata del franchise sta diventando stancante, soprattutto quando questa formula si basa su una comicità che definire tristanzuola (su Baby Groot piazzato dentro per fare le veci della tradizionale mascotte Disney neanche mi pronuncio) è un educato eufemismo.
Soprattutto da film che richiedono l’impiego di milioni e milioni di dollari ci si aspetterebbe che rispettassero un imperativo fondamentale: coerenza interna. Nel 2017, con tutto questo successo e queste risorse a disposizione, una regia tanto sciatta e indecisa e una sceneggiatura con dialoghi così scontati non sono più accettabili. Ti fanno solo rimpiangere il prezzo del biglietto.
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