Scandalo! Per essere famiglia basta volersi bene

Kung-Fu Panda 3 - Locandina

Mario Adinolfi ha detto che “Kung-Fu Panda 3” non va visto, perché propugna le tesi dell’ideologia gender. Al di là del fatto che l’idelogia gender non esiste e chi usa questa locuzione non sa neanche l’inglese, il nostro Marione nazionale ha ben pensato di uniformarsi a un costume molto diffuso in un certo ambito ignorante – del web ma anche dell’era pre-web, abbassate i vostri martelli luddisti – cioè giudicare un film senza nemmeno averlo visto.

Sono parecchio affezionata al franchise di Kung-fu Panda, sarà che mi accompagna da otto anni, ormai, è stata una visione gradita durante pranzi coi parenti, io e mia sorella abbiamo portato persino mio padre a vedere il secondo film in anteprima, ormai quasi cinque anni fa, e ho sempre apprezzato il connubio di commedia e temi seri (soprattutto nel secondo film) che la serie ha saputo portare sullo schermo e mostrare ai bambini, senza essere pesante e stra-retorica.

Da adulta, poi, è bello ritrovare la magia di un mondo fantastico che non ti resta nel cuore solo perché l’hai conosciuto nella tua infanzia.

Sono doppiamente contenta, perciò, di aver dovuto aspettare così tanto, visto il risultato finale del film, che è stato gradevole a dir poco.

E andiamo a cominciare, allora.

[ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER]

Ommioddio! Po ha due padri e non vuole rinunciare a nessuno dei due!

La trama in soldoni sembrerebbe abbastanza basilare: un nuovo nemico minaccia la Valle della Pace e il Guerriero Dragone deve intervenire. Il punto è chi è il nuovo nemico e cosa Po deve imparare per poterlo battere. Il film inizia con una battaglia spettacolare nel Mondo degli Spiriti (probabilmente una metafora per indicare un aldilà dove però pare risiedano solo gli “spiriti forti” di grandi Maestri e guerrieri) fra il Maestro Oogway – mai un po’ di pace per sta povera tartaruga – e Kai.

E voi direte: e chi è Kai? A quanto pare era un pezzo grosso, almeno a giudicare dai titoli di cui si fregia quando, assorbito il chi del suo ex-compagno d’armi, ritorna nel mondo dei vivi, in una sequenza che sembrava a metà fra l’arrivo di Thor e l’atterraggio dei Sayan sulla Terra. Ci sono anche i contadini spaventati che assistono al grandioso momento! Questo film è la bellezza, vi dico. Peccato che nessuno si ricordi di lui, perché – uhm – sono passati cinquecento anni dalle sue gesta molto bellicose.

Naturalmente il nostro è assetato di potere e, naturalmente, vuole il chi di Po e dei suoi amici tutto per sé e quindi se ne va a caccia. Il panda Po, però, sta vivendo un doppio dramma. Da un lato Maestro Shifu ha chiuso le udienze e ha deciso di passargli lo scettro di Maestro e, soprattutto, di insegnante: i risultati della prima lezione tenuta da Po sono così catastrofici che potete ben immaginarli. Come se non bastasse, Kai si avvicina a grandi passi e un misterioso visitatore si presenta alla Valle della Pace.

Misterioso… insomma, è un panda, avete capito tutti chi è. Li Shan, il padre di Po, si fa riconoscere subito perché batte il record del figlio a chi tiene più panini di carne in una volta sola in bocca. Dopo una sequenza imbarazzante in modo divertente, Li Shan propone al figlio di seguirlo nel rifugio segreto dei panda, dove gli insegnerà l’arte del chi – dato che è dai panda stessi che Oogway l’ha imparata.

… ma aspetta un attimo. Figurarsi se il signor Ping – padre molto solerte – vuole abbandonare Po a questo sconosciuto che dopo vent’anni se ne arriva bel bello e dice di essere il suo padre naturale. L’oca resta pur sempre la persona che lo ha cresciuto, il padre adottivo che gli è sempre stato accanto e lo ha sempre considerato come un figlio suo. Così, prevedibilmente, Ping si infila nello zaino di bambù di Po e lo segue fino al rifugio segreto. Da questo punto in poi i due temi del film viaggeranno paralleli: da un lato Po deve finalmente venire a patti col suo passato e capire chi è davvero; dall’altra parte Ping e Li Shan devono confrontarsi nelle loro due paternità tanto diverse ma tutte e due con lo stesso scopo in mente: aiutare Po e dargli tutto l’affetto e il supporto possibile.

Poi, insomma, per il resto… guardatevi il film.

Famiglia è dove trovi chi ti ama

“Kung-Fu Panda 3” è stata una visione molto gradevole. Meno cupo del secondo film ma brillante e spiritoso e in qualche maniera anche più vicino allo spettatore, visto che tocca un tema per alcuni molto quotidiano: quello dell’adozione, della ricerca di se stessi e delle proprie origini.

Penso che il lato più bello e commovente del film sia stato quello di vedere due adulti – in forma animale, ok – parlarsi in maniera franca, invece di litigare, e decidere di andare d’accordo e darsi una mano per amore di un figlio a cui entrambi tengono molto. È questo concetto di “famiglia” come luogo degli affetti, non importa quanto poco tradizionale, che deve aver sconvolto i bigotti nostrani. Sì, perché non si capisce cosa ci sia di pericoloso per questi signori in un film che ha l’unica colpa di dimostrare ai bambini che è genitore chi ti vuole bene, non chi ti ha messo al mondo (o non solo)…

Ops, forse è quello il problema. Magari poi questi bimbi tornano a casa e dicono a genitori assenti e abulici che non sono poi così genitori, se non sanno dare loro attenzioni e soprattutto affetto. Dove andremo a finire? Fra poco uscirà fuori che essere genitore è una responsabilità e non un dovere imprescindibile, perché Dio così ha voluto.

Ma soprattutto: che problemi ha una certa politica nostrana se se la deve prendere con un cartone animato che racconta una bella storia di famiglie che si riuniscono e protagonisti che ritrovano se stessi anche grazie all’affetto degli altri?

Perché “Kung-Fu Panda 3” oltre ad essere molto colorato e spettacolare, in certe sequenza di combattimento davvero belle e dinamiche, senza mai mettere da parte il tono scanzonato con cui Po affronta la vita e la lotta, è una visione che tranquillizza e rasserena, dopo aver molto emozionato. È un film fresco, rapido, divertente e commovente, un bel film di animazione per bambini ma anche per adulti “non accompagnati”. Un terzo capitolo che sfata il mito che i terzi capitoli di una saga debbano essere tutti e per forza brutti.

Un terzo capitolo che ha l’intelligenza di raccogliere elementi sparsi qua e là dal primo film e dare loro un senso ulteriore e più profondo (vedi i fiori di pesco che nel primo film si portano via Maestro Oogway).

E quindi?

E quindi lo consiglio.

Andatelo a vedere, soprattutto se siete fan del Panda Po.

Ma andatelo a vedere pure solo per far dispetto a Mario Adinolfi, ché vi divertite in ogni caso.

E ricordate: si possono avere due padri, tre madri o quattro zie, l’importante è volersi bene.

Tutto il resto sono castronerie buone solo per alzare il counter dei commenti su Facebook.


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