Fiabe molto horror per bambini molto cresciuti
Quando ero piccola – avrò avuto suppergiù otto o nove anni – “l’Unità” fece uscire per un’estate intera una raccolta di fiabe. Ogni volumetto conteneva una riduzione con alcuni brani da raccolte come quella dei Fratelli Grimm o dal “Pentameronte” di Basile, nelle loro versioni originali e non in quelle edulcorate dalla Disney.
Fra queste c’era un estratto da un libro di fiabe pubblicato da Emma Perodi nel 1893, “Le novelle della nonna”, che conteneva – fra le altre – l’unica fiaba che fosse mai riuscita a spaventarmi da bambina. Sì, nelle altre c’erano gli squartamenti, robe sanguinolente da morire, racconti in cui appariva il Diavolo che inseguiva la gente di notte, orchi a go-go e chi più ne ha più ne metta (come dimenticare le sorellastre di Cenerentola a cui i dolci uccellini cavavano gli occhi?) ma nessuna finiva tanto male per la protagonista, quanto “La fidanzata dello scheletro”.
E con che retroscena agghiacciante.
Ho scoperto solo parecchi anni dopo che di quelle novelle ce n’erano altre, ben quarantacinque, collegate fra loro da una cornice narrativa in una struttura non dissimile da quella del “Decamerone” e dello stesso “Pentameronte” e così ho recuperato il libro e, da grandissima amante delle fiabe sanguinolente, mi sono data alla lettura.
E che lettura.
La trama in breve
Sì, c’è una trama. Nella cornice c’è una trama che può apparire banale ma visto il periodo storico in cui il libro è stato scritto, ha un suo senso “educativo”, ancora più delle novelle che la matriarca della famiglia Marcucci – Regina Marcucci – racconta ogni domenica ai suoi nipotini riuniti attorno al focolare di casa.
La storia copre più o meno un anno e mezzo della vita di questa grande famiglia contadina patriarcale, dal ritorno a casa del figlio più piccolo di Regina, partito per la leva militare obbligatoria, al suo matrimonio con la bella vicina di casa Vezzosa, alla “sistemazione” dei figli più piccoli, in special modo l’Annina, grazie all’intercessione del nuovo ispettore forestale e dei di lui genitori, a cui alcune stanze del podere vengono affittate nel periodo estivo per racimolare abbastanza soldi da far fronte a una cattiva annata di raccolto.
Leggendo la storia ho avuto la sensazione che ci fossero gli stessi insegnamenti edificanti contenuti in un altro, famoso romanzo dell’epoca, il libro “Cuore”, che pure intervallava ai racconti di personaggi dal comportamento esemplare la vita quotidiana di un maestro di scuola nell’Italia post-unificazione. E ogni parola del libro aveva la sua funzione nell’indottrinare le masse ignoranti dell’epoca.
Ecco, la cornice, con la vita esemplare di questa famiglia di contadini, tutta matrimoni, vecchi saggi che trasmettono la loro conoscenza, dialoghi sul perché bisogni accontentarsi del proprio rango sociale senza aspirare a troppo, e – per citare nonna Regina durante un suo dialogo con la futura nuora – addirittura si debba stare attenti anche a quale tipo di letture abbandonarsi, perché:
Credimi, Vezzosa, certi libri non son fatti per gli ignoranti come noi. Se ci si comincia a riflettere, s’ammattisce, perché il nostro cervello non è avvezzo a certo cibo.
Le novelle della nonna – La fidanzata dello scheletro
La cornice, dicevo, può sembrare la parte meno interessante della raccolta, anche se da un punto di vista storico e sociale inquadra molto bene un certo spirito dell’Italia di fine Ottocento e del tipo di morale classista che si voleva imporre al popolo, all’indomani di un’unificazione ancora relativamente fresca e dagli esiti complessi.
Resta il fatto che scolorisce, questo pretesto di narrazione, di fronte alle fiabe che la nonna racconta ai suoi nipoti, fiabe dal risvolto pedagogico, fitte di riferimenti storici e religiosi, ma soprattutto meravigliosamente orrorifiche.
Fiabe per bambini o novelle gotiche per adulti?
La letteratura gotica è qualcosa che siamo abituati ad associare alla fine del Settecento e al mondo anglosassone, non certo all’Italia post-unificazione, eppure è un fatto che le novelle che Regina racconta ai suoi nipoti di tratti gotici ne abbiano, eccome.
A cominciare dalla sopracitata “Fidanzata dello scheletro”; per continuare con storie di insanguinate vendette familiari, come raffigurate in “Il coltello del traditore” o spiriti di soldati che si sollevano da campi di battaglia, dove migliaia sono morti, per perseguitare i vivi come in “L’ombra del sire di Narbona”, le fiabe di questa raccolta sono un bell’esempio di narrativa fantastica dagli aspetti gotici, che pesca da una miniera florida di tradizioni locali (in questo caso soprattutto del folklore toscano) e leggende di sapore religioso.
Non è infrequente leggere del Diavolo che scende sulla Terra a tentare gli uomini e perseguitarli, che si scontra con Gesù (e quest’ultimo, in una storia, esce persino perdente) o che tenta eremiti in odore di santità, ma c’è spazio anche per altri santi, che compaiono come deus ex machina alla maniera di fate madrine e simili. Ci sono persino storie di donne virili che imbracciano la spada per proteggere il feudo paterno o si travestono da maschi per salvare compagni troppo facili a cadere nelle trappole di incantatrici pericolose.
La particolarità di questi racconti è l’essere tutti ambientati in Italia e pescare dalle nostre tradizioni, parlare dei nostri luoghi, piuttosto che fare il verso alla narrativa anglosassone. Il Medioevo narrato dalla Perodi, nonostante qualche artificio scenografico (come la copiosa presenza di castelli), è frutto di accurate ricerche e il lessico usato contribuisce a sprofondare il lettore in quell’atmosfera di altri tempi. Avere otto anni o ventotto, a quel punto, non fa più differenza, anzi, sicuramente da adulto queste fiabe si apprezzano nelle loro diverse sfaccettature molto di più.
E quindi?
E quindi “Le novelle della nonna” è stata una lettura piacevole, che nonostante i moralismi e i risvolti narrativi edificanti, ti mette davanti un bel panorama di fiabe truculente e terrorizzanti, scritto bene – in un italiano “arcaico” che farà sorridere per l’utilizzo di determinati termini diametralmente opposto a quello che ne facciamo ora.
Io sono sempre stata una grande appassionata di fiabe e di tutto il folklore e la storia che si portano dietro e con questo libro ho scoperto che anche nei confini nazionali c’è tutto un immaginario di racconti a cui attingere, troppo spesso trascurato per quella voglia di esterofilia che spinge troppo spesso gli Italiani a sottovalutare ciò che di buono c’è nella nostra cultura.
È un classico della letteratura dell’infanzia che forse può essere letto da un bambino – insomma, io a otto anni ne ho letto quattro fiabe senza ricevere danni cerebrali – ma viene meglio apprezzato da un adulto, tanto più se si va oltre la superficie narrativa per approfondire gli aspetti storici, sociali e culturali contenuti in questa raccolta di quarantacinque fiabe. Mi azzardo a dire che – due o tre fiabe alla volta – è persino una conciliante lettura della buonanotte.
E per chi avesse voglia di un commento storicamente più approfondito, dopo la lettura del libro (o anche prima, vedete voi) consiglio di dare una bella scorsa a questo articolo qui.
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