Una roba assurda assurda in modo bello
Allora, facciamo il punto della situazione.
“Zoolander 2” è uscito al cinema l’11 febbraio. Io non avevo mai visto il primo film, finché tre favorevoli congiunzioni astrali non hanno congiurato perché mi appassionassi alla saga. Nell’ordine:
- le pubblicità martellanti mi avevano incuriosita e soprattutto avevano incuriosito mia sorella quindi, per la legge del, “ti accompagno a vedere un film che piace a te e in cambio tu fai lo stesso con me e non rimango sola come un cane in sala” bisognava recuperarsi il primo film e capire di che si trattava;
- Sky trasmetteva il primo film per l’”Aspettando Zoolander” Day;
- Nel primo film c’era DAVID BOWIE, che faceva un cameo ed era tutto molto bello, non potevo non recuperare una pellicola in cui il Maestro era apparso.
Adesso non mi metterò a recensire il primo, è in giro dal 2001, chi doveva vederlo l’ha visto, chi non l’ha ancora visto può recuperarselo con comodo ma penso che qui e lì considerazioni sparse ci scapperanno quindi:
[ATTENZIONE, POSSIBILE DOPPIO SPOILER SUL PRIMO E SUL SECONDO CAPITOLO]
Girovagando per Roma per sventare complotti
A questo giro “Zoolander 2” si sposta a Roma (anche se la Capitale della Moda italiana è Milano ma chissenefrega, fra il Colosseo Quadrato e le vedute del Cupolone è tutta Grande Bellezza che cola) e si fa spy-story.
Anzi no.
Parodia della spy-story. E dei film di supereroi, perché tutto l’impianto iniziale, soprattutto il mega-riassuntone su cosa ha fatto e dov’è finito Derek Zoolander (anzi, Erik 2oolander), sembra un po’ fare il verso ai blockbuster della Marvel. Insomma, “Zoolander 2” sta subito sul pezzo e a questo giro si concentra sule ossessioni di questi ultimissimi anni: da Justin Bieber, che deve assolutamente farsi un selfie prima di tirare le cuoia e la morte può attendere, mentre sceglie il filtro più giusto per postare la sua faccia su Instagram; a Derek stesso, che si ficca in un incidente stradale con il figlio per farsi una foto col bastoncino dei selfie; da Don Atari che parla contraddicendosi da solo a un mondo della moda sempre più esasperato nel tentativo di stupire un pubblico ormai assuefatto a qualsiasi bizzarria.
Il succo della storia è che il Centro Derek Zoolander Per Ragazzi Che Non Sanno Leggere Bene E Che Vogliono Imparare Anche Altre Cose è crollato, Matilda è morta (NO!) e Derek Jr. è stato dato in affidamento perché suo padre è un minorato mentale che non sa neanche cuocere gli spaghetti («Come fa mammina a farli morbidi morbidi?!»). Hansel è rimasto sfigurato dal crollo del Centro ed è scappato a Malibù, dove ha una relazione difficile con la sua “Orgia” (sì, avete capito bene, ci sono dentro anche un elfo donna e una capra), collettivamente incinta dei suoi figli, e si chiede chi lui sia mai, mentre cerca di scoprire che fine ha fatto suo padre, scomparso da tempo.
Sia lui che Derek vengono invitati a Roma, per presenziare a una sfilata di moda di Don Atari, il nuovo top del top, e sfruttano l’occasione pensando che sia il momento del loro grande rilancio. Non andrà esattamente così ma, in compenso, incontreranno l’agente dell’INTERPOL Valentina (interpretata da Penelope Cruz), che aiuterà Derek a ritrovare suo figlio, in cambio di informazioni che la aiutino a capire perché tutte le popstar, prima di morire, postino un selfie dove imitano una vecchia posa di Derek.
E non vi sto a fare la sinossi del resto del film ma, sì, Mugatu c’entra, c’entra la leggenda di “Adam, Eve and Steve”, c’entra la Fonte della Giovinezza e c’entra il fatto che il figlio di Derek è un paffuto sapientino per nulla scemo come suo padre.
E poi c’entra il fatto che Hansel, forse, scoprirà perché sua madre diceva sempre che suo padre non era a casa perché in giro per il mondo a fare il “poliziotto”.
Amo aut odi
Ci sono state un mare di polemiche su “Zoolander 2”, su quel trailer con Cumberbatch che parodiava un personaggio che affermava di non essere né maschio né femmina ma “tutto”, c’è la critica americana che è insorta e ha massacrato la pellicola, chi dice che non è bello come il primo film, chi dice che non fa ridere abbastanza, chi lo trova troppo scorretto ed esagerato.
Credo sia un po’ il destino di “Zoolander”, essere disprezzato così tanto al primo impatto – il primo non ebbe sorte più felice, tanto più che uscì a ridosso della tragedia dell’11 Settembre – perché è quel genere demenziale e ripieno di black humor non facile da digerire. Non per tutti, per lo meno.
Il punto è che Derek Zoolander e amici si massacrano e massacrano lo star system senza volersi azzardare a ergersi a supremi censori dei tempi moderni, né voler passare un particolare messaggio al pubblico, al massimo mettendolo al corrente delle bestialità di un mondo della moda che esaspera i toni all’inverosimile, pur di essere – appunto – sempre “alla moda”.
Non è nemmeno un tipo di comicità per tutti i palati. Il demenziale, in fondo, è fatto così: o lo ami o lo odi. È un film transfobo per quel siparietto esagerato in cui Cumberbatch interpretava un personaggio presumibilmente non binary dalle fattezze grottesche? Credo che sia una falsa questione. “Zoolander” prende in giro tutti, prende in giro un contesto dove le persone di successo sono disposte a costruire su di sé i personaggi più disparati pur di spiccare ed essere sempre sulla cresta dell’onda, e se ne frega bellamente di quali e quanti “punti nevralgici” del dibattito attuale può andare a scomodare.
È un film scemo e totalmente assurdo ma, a me pare, era esattamente così anche il primo. La genialità sta nel fatto che si è aggiornato a quali sono i temi caldi di oggi, che ha saputo riprendere spunti infinitesimali della vita privata dei personaggi nel primo film (vedi la passione di Hansel per Sting) e costruirci su dei plot twist tutti da ridere. È quel genere di film che non puoi difendere, o lo ami per quanto sono tutti stupidi o lo odi.
Esattamente come il primo film. Di “Zoolander” è stato detto che è un cult ed è così, è un cult della demenzialità. Non ti insegna nulla o meglio, quello che ti mostra è quanto sia assurdo il mondo in cui viviamo; volendo prenderla alla larga, ti rendi conto di quanto grottesche siano le personalità che abitano l’elite dello star system americano, quanto grottesco sia un mondo della moda che pure si fregia di dettare il dress code della stagione a venire. Però non passa morali.
E quello che mi ha fatto sospirare di sollievo – fra una risata e un “no, ma che combinano, non ce la faccio” – è che neanche questo film ha voluto passarmi alcun messaggio edificante. Alla fine del film Hansel e Derek restano due immensi coglioni e se la vedono bene anche per questo, sia ringraziato il cielo.
E quindi?
E quindi “Zoolander 2” a me ha fatto ridere. E l’ho trovato esasperato ed esasperante e sta bene così, è questo che mi aspettavo. Lo consiglio a chi ha visto il primo e lo ha apprezzato, troverà lo stesso spirito raffinatamente demenziale. Lo consiglio a chi questo genere lo apprezza, a chi non si scandalizza facilmente e a chi è abbastanza scorretto da ridere anche quando bisognerebbe dirsi “su questa cosa qui, non si scherza”.
“Zoolander 2” è così, prendere o lasciare.
Le polemiche ci possono stare ma aspettarsi messaggi edificanti da un film demenziale e politically scorrect è, a mio dire, “assurdo assurdo in modo non bello”.
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