Chiunque avesse accesso al web Mercoledì e avesse fra gli amici/followers un appassionato di fantascienza o semplicemente nostalgico degli anni Ottanta sarà stato messo al corrente che si trattava di una data storica, uno di quegli eventi che capitano una volta nella storia: il 21 Ottobre 2015 alle quattro del pomeriggio Doc e Marty McFly, i due protagonisti della trilogia di “Ritorno al futuro”, approdavano in quello che all’epoca sembrava un futuro lontanissimo e costellato di chissà quali innovazioni. Per festeggiare l’evento, che è di quelli storici, perché una data del genere capita una volta sola nella storia – a meno che qualcuno non trucchi il calendario, ovviamente – nei cinema si è tenuto un raduno mondiale di fan con proiezione consecutiva dei primi due film della saga.
Una maratona, insomma.
Ho sofferto a stare chiusa quattro ore in sala? In realtà no. Con “Ritorno al futuro” ho quel legame tutto particolare che puoi avere solo con le storie della tua infanzia, dal sapore un po’ nostalgico ma familiare, neanche fossero un vecchio zio che ogni tanto torna a fare capolino nella tua vita e il cui ritorno attendi con un misto di curiosità e ansia, perché porta sempre con sé qualche regalo inusuale. Di film del genere ce ne sono molti nella mia vita, film “da divano” beccati per caso la Domenica pomeriggio, insieme ai tuoi genitori, che poi ribecchi dieci/quindici/venti anni dopo e allora sì che ricadi fino alla testa nei tuoi sei anni.
Rivedere una saga del genere al cinema è stata un’esperienza strana ed entusiasmante per molti versi. Al di là del fatto che non sei preparato mentalmente a immaginarti di vedere sul grande schermo un film che hai sempre concepito per la televisione, la possibilità di assistere nuovamente ad eventi che già conosci con altri appassionati che si emozionano, applaudono, fischiano e in generale fanno un gran casino insieme a te, rende tutta la visione a dir poco esaltante. E poi la quantità di particolari che a casa sfuggono improvvisamente risalta davanti agli occhi e in film che sono costruiti per essere pieni di rimandi e giochi come lo sono i tre della saga di “Ritorno al futuro”, riuscire a far caso alle tante piccole chicche disseminate nella pellicola rende la visione decisamente più completa.
Non è che la trilogia di “Ritorno al futuro” abbia bisogno di una recensione per invitare le persone a vederla, non perché debba piacere automaticamente a tutti ma perché credo sia una di quelle saghe che hanno segnato la storia della fantascienza, in special modo per quanto riguarda i racconti sui viaggi nel tempo, senza buttarsi sullo splatter e sul tragico a tutti i costi (come “Terminator”) e intessendo tutta la sceneggiatura di riferimenti culturali alle epoche storiche in cui i personaggi si trovano a viaggiare, riferimenti che un osservatore contemporaneo può far fatica a cogliere e che magari lo spingeranno a informarsi – e col web è molto più semplice – e a rivedere il film con un pizzico di consapevolezza in più.
Ciò che ho sempre amato di questa saga, che ho visto e rivisto decine di volte in vita mia, è il modo intelligente in cui sa coniugare fantascienza, azione e commedia, senza mai ricorrere alla volgarità, senza diventare ampolloso e nozionistico e soprattutto senza trasformare mai i personaggi principali in superuomini pompati e poco verosimili.
“Ritorno al futuro” intrattiene, lo sa fare bene e non è soltanto un film di successo con due sequel che stanno lì, pur non avendo ragione di esistere. Il collegamento logico c’è, la seconda e la terza parte sono addirittura così interconnesse da non poter esistere indipendentemente l’una dall’altra. Anche la qualità della recitazione è sempre stata straordinaria, all’altezza dell’atmosfera prevalentemente comica, con attori in grado di ringiovanire e invecchiare a seconda del periodo storico in cui si muovevano e con un Michael J. Fox meraviglioso che nella stessa scena poteva interpretare tre personaggi diversi – di cui uno donna – senza colpo ferire.
Certo, Christopher Lloyd è altrettanto grandioso. In retrospettiva mi accorgo della distanza estrema che c’è fra questi attori, dall’aspetto sicuramente più normale e umano, e quelli che oggi siamo abituati a vedere sul grande schermo: bellissimi, impeccabili ma con poca mimica e una recitazione incolore. Non era il caso di uno come Lloyd, che è stato capace di dare a Doc le espressioni facciali più assurde e comiche, a dir poco leggendarie. Per non parlare di scene orchestrate in maniera tutt’altro che semplice, come quella in cui la madre di Marty, Lorraine, ci prova con quest’ultimo in primo piano, mentre sullo sfondo c’è Doc che si abbandona a tutta una serie di pose disperate, vista la situazione paradossale in cui sono tutti coinvolti.
Insomma è uno di quei film che puoi guardare da solo o con tutta la famiglia, sul divano del soggiorno o in una sala gremita di vecchi e nuovi fan che applaudono sui momenti clou, quelli della rivalsa di George McFly su Biff o quelli in cui Doc e Marty ce la fanno per il rotto della cuffia. Perché un altro grande pregio dei film di questa saga è il modo in cui sanno intrecciare la trama e complicarla fino all’ultimo secondo. Non ce l’hai la possibilità di tirare il fiato, neanche quando ormai il più sembra fatto e tutta la storia pare una corsa disperata contro il tempo che scorre, inesorabile alla faccia di tutti i viaggi del tempo che i nostri possono fare. E sono sempre i piccoli particolari, comunque, che mi fanno impazzire più di tutto, i paradossi apparentemente senza peso sullo svolgimento degli eventi, gli oggetti buttati lì che sembrano non avere alcun senso e poi salvano letteralmente la vita ai nostri (come il volopattino di Marty, che il deus ex machina lo abbia in gloria).
Mi sento peggio di Giorgio Mastrota che cerca di vendervi le pentole ma, davvero, se non avete mai visto “Ritorno al futuro” vedetelo, perché ne vale la pena. E se l’avete visto, spero che vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me. Degli anni Ottanta ci sono rimaste tante cose – che stanno rispuntando sottoforma di sequel e reboot negli ultimi anni come funghi – e questa serie di film è sicuramente una delle cose più iconiche e belle che potessero restare nella nostra memoria collettiva.
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