Se l’anno scorso avessi già avuto un blog di recensioni, avrei probabilmente definito “Dragon Ball Z – Battle of Gods” come uno dei film più anti-climatici di sempre. Apprezzai Lord Bills e Whis, capì l’intento dietro la sconfitta di Goku, mi feci quattro risate ma giudicai la sceneggiatura e la realizzazione di tutto il film incredibilmente goffe.
A questo giro ho varcato la soglia del cinema senza farmi troppe illusioni – che la qualità dei film di Dragon Ball sia calata a picco, era ormai chiaro come il sole. Questo non mi ha impedito né di restare delusa né di dovermi ricredere: “La Resurrezione di ‘F’” si contende con “Battle of Gods” il primato di ammazza-finale nella mia storia personale di film visionati al cinema o a casa.
“La Resurrezione di ‘F’” promette tante cose, molte più di “Battle of Gods”, che era stato lo strombazzatissimo ritorno al cinema della serie di “Dragon Ball” e aveva poi fatto da rilancio per la nuova, ennesima serie filler che munge ancora dalla grassa vacca che è stata la fortunata serie degli anni Ottanta (sia anime che manga). Il problema è che, nel frattempo, la qualità dell’animazione e delle sceneggiature è peggiorata. Se, nel primo caso, si tratta di un problema sistemico a tutta l’industria dell’animazione giapponese contemporanea; il secondo è frutto di pura pigrizia da parte di sceneggiatori e produttori che sanno quanto vasto e affezionato sia il fandom e soprattutto quanto i nostalgici siano pronti ad affollare le sale per rivivere i ricordi della loro infanzia.
Sarà per un caso, d’altronde, che abbiano ritirato fuori il cattivo più leggendario di tutta la serie, il personaggio che dà il titolo al film, quella “F” che non ci prova neanche per un istante a mascherare la sua identità? E certamente qualcosa ti aspetti quando entri al cinema, se viene riportato in campo uno del calibro di Freezer. Almeno che faccia vedere un po’ i sorci verdi ai nostri.
Premessa inevitabile: se non avete visto “Battle of Gods” capirete decisamente poco del film. Non è uno stand alone e, per di più, sia le scene di quel film che quelle di “La resurrezione di ‘F’” finiranno integrate in “Dragon Ball Super ”, la nuova serie – che dovrebbe contare ben cento episodi – in onda proprio in questo periodo in Giappone. Dunque se vi sembra di rintracciare non pochi buchi di trama nel corso dei novanta minuti e rotti della proiezione, non sono inconsapevoli ma voluti, dato che ci si aspetta verranno riempiti nel corso della serie.
Ad esempio quelli che riguardano la stra-pubblicizzata nuova super-trasformazione di Goku e Vegeta, un power-up con un nome più assurdo dell’aspetto che assumono i Sayan quando vi ricorrono: il Super Sayan di un Super Sayan God.
Suppongo che ricorrere a nomi del genere “Super Sayan God di Secondo Livello” puzzasse troppo di vecchio ma si pronunciava sicuramente in modo più facile.
Ma andiamo per ordine. Partiamo dalle cose buone di questo film, che sono rare, pochissime, si riassumono in un solo elemento del film che spicca ed è davvero migliore rispetto a quello di “Battle of Gods”: i combattimenti. “Dragon Ball” è prima di tutto e soprattutto uno shounen, è un picchiaduro, entri nel cinema e ti aspetti di vedere i protagonisti venire gonfiati come zampogne e poi restituire il favore ai loro avversari. La traballante sceneggiatura che ci accompagna fino alla fine ha almeno il merito di creare un diversivo che permetta a Crilin, Gohan, Piccolo, Tenshinhan, il Maestro Muten (l’ho detto che è il film dei revival) e Jaco (tizio della Pattuglia Galattica ritirato fuori da un manga spin-off di “Dragon Ball”) di combattere contro l’esercito di Freezer e fingere di rendersi utili. Perché tanto alla fine è sempre e solo Goku che deve salvare la situazione. Post-saga di Cell neanche più ci prova, Toriyama, a impiegare in modo decente Gohan – che nominalmente avrebbe dovuto accettare il testimone di nuovo difensore della Terra da suo padre – e tutta l’allegra combriccola di zuzzurelloni che ruota attorno al Sayan dall’animo gentile. Persino Vegeta, ormai, si mette rassegnato da una parte a guardarlo combattere, come a dirci: “Ma io che intervengo a fare? Tanto fa tutto Goku”.
E passi, andrebbe pure bene così, se non fosse che la sceneggiatura ci paventa per interminabili minuti la prospettiva di uno scontro Freezer vs Goku e Vegeta, una seppur minima variazione sul solito copione che prevede botte spaziali finché non arriva il nostro a dare il colpo di grazia al nemico.
Macché.
Con una giravolta logica che sfrutta i viaggi all’indietro nel tempo di tre minuti per ret-connare le scelte sbagliate di Goku, a Vegeta viene sottratta pure la soddisfazione di giustiziare Freezer con le sue stesse mani (e dire che di motivi per vendicarsi di lui ne avrebbe). E questo è il meno. Alla fine lo sa, il fan di “Dragon Ball”, che Goku è il protagonista assoluto della serie e degli scontri, che tutti gli altri sono non necessari e insufficienti personaggi di contorno, perché è sempre lui ad avere l’ultima parola. E sa anche che il tono della serie, nonostante tutto, è sempre ridanciano e scherzoso.
Va benissimo ma qui, ormai, la si butta in caciara. Fra Freezer che ride teatralmente a-là drama queen e poi si inquieta e caccia vocine strozzate al cospetto del Dio della Distruzione; fra Lord Bills e Whis che sembrano interessati soltanto a tour gastronomici di alta classe; fra i siparietti che spezzano le gambe a qualsiasi tensione emotiva o anche solo narrativa della battaglia principale che coinvolge Freezer e Goku; a un certo punto ti chiedi perché hai pagato dieci euro di biglietto (pure il 3D, mannaggia a me) per sorbirti stacchetti ridicoli degni di una crack!fic su fanfiction.net.
Tutti i personaggi sono ormai diventati la stanca caricatura di se stessi, a cominciare da Freezer, ritirato fuori in gran spolvero. E per i primi quaranta minuti, nonostante tutto, la trama sembra procedere bene. Il nostro è temibile e spaventoso come ce lo ricordavamo, c’è la canzone dei Maximum the Hormone ad accompagnare terribilmente bene la sua resurrezione, e vengono paventate novità entusiasmanti sulla sua ulteriore evoluzione dopo adeguato allenamento. Peccato che tutto sia destinato a crollare miseramente quando Goku mette in campo la sua nuova trasformazione. Anzi, semplicemente già combattendo a media potenza, i destini dello scontro sono segnati a favore di quest’ultimo. Goku non si sforza mai davvero, nemmeno per un secondo, battendosi contro Freezer. Scivola tutto troppo liscio come l’olio, nemmeno il colpo di scena con cui Freezer ribalta le sorti dello scontro a suo favore sembra apportare un minimo di drammaticità alla sequenza.
È tutto molto scontato e buttato via con sciattezza, non c’è sofferenza, non c’è pena, non c’è quello sprazzo di pathos tutto da shounen che ti fa fare il tifo per il buono, perché non vedi l’ora che trovi le forze per reagire e ribellarsi ai soprusi del cattivo di turno. A questo giro, invece, non c’è da temere nemmeno per un istante che Goku perda, anzi, quasi speri di vederlo davvero in difficoltà. Invece è tutto un fiorire di sorrisi e risate, mentre la caratterizzazione del resto della truppa scolorisce sempre più in una confusa melma grigiastra dove Piccolo, Gohan, Tenshinhan e compagnia finiscono per fare da pubblico plaudente e adorante di Goku; Vegeta è ormai l’emblema supremo dello tsundere e di Bulma è rimasta solo l’immagine di moglie isterica e prepotente (che, in teoria, toccava a Chichi ma tant’è).
È l’approssimazione a ferire più di tutto e la consapevolezza che Freezer finisca per essere usato soltanto come esca, a tenere su i fili di una storia così traballante che, tolto lui, non ci sarebbe nulla a motivare lo spettatore alla visione del film.
In tutto questo sfacelo, per tacere di un’animazione che definire “brutta” è un eufemismo, di buono resta, a fianco ai combattimenti, soltanto l’adattamento italiano. Finalmente ripristinati i nomi originali dei personaggi e delle loro tecniche (sentire Piccolo urlare “Makankosappo” è sempre un’esperienza unica), si segnala l’ottima riuscita di Loris Loddi come nuovo doppiatore di Freezer, davvero convincente nei toni crudeli e agghiaccianti che ha saputo fargli assumere; così come si confermano come buone sostituzioni per le voci di Goku e Vegeta Andrea Ward e Massimiliano De Ambrosis.
Per il resto, c’è solo da scuotere il capo. Dispiace vedere che una serie che ha esaurito il suo potenziale ormai da un decennio continui a essere spremuta all’inverosimile in questo modo. Se Toriyama e i suoi osassero, cercando di far proseguire l’evoluzione dei personaggi, piuttosto che lasciarli bloccati in quello che ormai è un cliché, per lo meno si entrerebbe al cinema con la certezza di guardare una storia che procede, pure in una direzione che non ci piace, ma va avanti. Invece tutto cambia per non cambiare mai davvero e l’assurdo è che, nel tentativo di presentare la “leggenda” inalterata per continuare ad attrarre il pubblico a frotte, si forza la caratterizzazione dei personaggi rendendola davvero irriconoscibile.
“Dragon Ball” ha perso ormai la freschezza degli inizi e, d’altronde, non siamo più nel 1984. Bisognerebbe provare a osare un po’ di più ma perché farlo, quando c’è la sicurezza che la nostalgia l’avrà sempre vinta su qualsiasi curiosità? “La Resurrezione di ‘F’” in fondo, non è altro che questo: il tentativo di resuscitare un’epoca e un successo che non possono più tornare. I colpi di fortuna e le congiunture storiche non si possono replicare. Si può, tutt’al più, imitarli ma sarà sempre una pallida copia, qualcosa che lascerà dentro un retrogusto amaro ma nulla delle emozioni che si poteva provare una volta, guardando una storia che era ancora al suo pieno potenziale e sapeva davvero di novità.
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