Una premessa: non sono una fan dei talent. Non li ho mai guardati, neanche per sbaglio. Un po’ mi danno noia, un po’ non possiedono quella quantità di trash necessario ad attirare il lato più buzzurro di me. A quindici anni ero una fiera e integralista avversaria di quel fenomeno – che faceva tanto da “1984” – dei cosiddetti reality show: arrivò “Il Grande Fratello” e pareva che la decadenza dell’umanità tutta fosse appena cominciata (invece era partita da molto prima e ormai eravamo già alla frutta). A venticinque anni mi sono riscoperta appassionata spettatrice casuale di tutte quelle trasmissioni un po’ casalinghe e molto poco ingenue che passano su Real Time (sia lodato il digitale terrestre), Cielo, Sky. Case in affitto? Patiti degli sconti al supermercato? Matrimoni gipsy? Carinerie per gli ospiti? Sparate un titolo e probabilmente ci avrò dato un’occhiata, salvo i reality che coinvolgono problemi medici e fisici e/o parti dolorosi, il mio stomaco ha un limite di sopportazione oltre il quale il trash diventa horror e addio.
Lo spettacolo non ha assolutamente deluso. Prima di tutto l’acustica: nonostante fossimo nello spazio all’aperto antistante l’ippodromo vero e proprio, le casse rimandavano il suono in modo pulito e piacevole, senza bassi che scartano orribilmente e ti graffiano i timpani (e, vista l’afa, che la qualità del suono fosse davvero buona non era scontato). L’organizzazione, poi, ha avuto la felice pensata di ricoprire il “prato” di fronte al palco di tappetini di gomma, risparmiando a tutto il pubblico di passare la serata a calciare terra addosso ai vicini, nel tentativo di saltellare a ritmo con la musica.